STORIA E MESSAGGIO DI FATIMA - parte 1

Portogallo 1917
Nel 1917, l'anno in cui avvennero i fatti straordinari che ci accingiamo a narrare, il Portogallo stava attraversando una grave crisi economica e sociale. Qualche anno prima la nazione era scesa in guerra a fian-co degli Alleati e, mentre i suoi figli più giovani combattevano su1 fronte francese, all'interno del Paese imperversavano la mi-seria ed il caos. L'imprevidenza governativa e le lotte in seno allo stesso Governo avevano depauperato le casse dello Stato, mentre gli operai senza lavoro morivano di fame nei sobborghi delle grandi città. Di questa tragica situazione il Governo aveva cercato di addossare la colpa alla Chiesa, scatenando la più violenta lotta contro la religione che quel Paese abbia mai conosciuto. Già nel 1911 il primo ministro Alfonso Costa, pubblicando la sua « Legge di separazione tra Chiesa e Stato », aveva di-chiarato testualmente: « Grazie a codesta legge, fra due genera-zioni il Portogallo avrà eliminato totalmente il Cattolicesimo, che è la causa principale della triste situazione in cui si dibatte il Paese ». Da quell'anno la repressione religiosa si era fatta più vio-lenta e capillare. La stampa aizzava i lavoratori contro il clero, mentre i ragazzi delle scuole erano fatti sfilare per le strade por-tando cartelli con scritto: « Nè Dio, nè religione »! Bisogna però dire che la miseria, la fame e la lotta anti-religiosa erano più virulente nelle città che nelle campagne. La mancanza quasi assoluta di mezzi di comunicazione aveva come isolato dal contagio le zone agricole dove, ad eccezione della par-tenza dei giovani per il fronte, continuava la vita povera ma dignitosa di sempre.

Fatima 1917
Fàtima è un piccolo paese del Portogallo centrale, di appena qualche dozzina di case, raccolte attorno alla Chiesa e al cam-posanto. Tutt'attorno i campi in declivio, trattenuti a stento da muretti di pietra, sono cosparsi di olivi e di elci. Qualche trat-to di terra è anche coltivato a cereali ed ortaggi che, con i prodot-ti delle greggi, danno di che vivere ai pochi abitanti. Sulle colline circostanti taluni mulini a vento macinano il grano per il pane, che verrà cotto in paese in un grande forno comune.
Uscendo dal paese e andando verso occidente, una stra-dicciola di campagna conduce ad una frazione di Fàtima chiamata Aljustrel: è qui che nacquero e vissero i tre piccoli protagonisti della nostra storia.
Proseguendo verso occidente in mezzo ai prati si arriva ad una piccola radura adatta al pascolo delle greggi, chiamata « Va-linhos » o « Piccole valli ». Da qui, piegando un poco verso sud, si raggiunge un luogo solitario ma tanto suggestivo detto « Loca do Cabeo », ove alcuni grandi massi rocciosi, modellati dalle acque, si drizzano curiosamente verso il cielo: queste due lo-calità furono teatro di avvenimenti che narreremo tra breve. Se, partendo da Aljustrel e passando per i Valinhos, si sa-le verso nord, dopo un paio di chilometri di sentiero si arriva ad una grande spianata verde a forma di anfiteatro che gli abi-tanti, appunto per questo, chiamano « Cova (o conca) da Iria »: è qui che la Madonna si manifestò ai tre pastorelli ed è qui che sorge oggi la Basilica di Fàtima. Ricordiamo infine due altri luoghi che interessano il no-stro racconto: Villa Nuova d'Ourèm, cittadina a qualche decina di chilometri ad oriente di Fàtima, sede dell'Amministrazione Comunale, di un ospedale e luogo di mercato e Leirìa, sede vescovile della Diocesi di cui Fàtima faceva parte.

I tre pastorelli di Aljustrel
Come tutti i ragazzi del loro paese, Lucia Di Gesù e i due suoi cuginetti Francesco e Giacinta Marto, aiutavano i geni-tori portando a pascolare ogni giorno un piccolo gregge di pe-core e di capre appartenente alle loro famiglie. Lucia era nata ad Aljustrel il 22 Marzo 1907 da Antonio Dos Santos e da Maria Rosa De Jesus, ultima di altre tre sorelle e di un fratello. Francesco era nato l'11 Giugno 1908 e la sorellina Gia-cinta il 10 Marzo 1910, da Manuel Pedro Marto che aveva spo-sato Olimpia, una sorella del padre di Lucia, già vedova e ma-dre di due figli, dalla quale ebbe, oltre Francesco e Giacinta, altri sei figlioli.
Le case in cui nacquero e vissero i tre pastorelli erano simili alle altre di Aljustrel: piccole ma robuste, con i muri passati a calce e il tetto in tegole rosse, con minute finestre in-corniciate e, nel mezzo della parete che dà sulla strada, due gra-dini che conducono all'uscio di casa, sopra il quale è incisa la data della sua costruzione.
Anche all'interno tutto è piccolo, ma lindo e ordinato la cucina con il basso camino, le camerette dei genitori e dei figli, e l'antico telaio di legno che da generazioni prepara la stoffa per vestire la famiglia.
Dietro la casa, il recinto per le pecore e un po' di terreno con la cisterna per la raccolta delle acque piovane, che gli abitanti chiamano con compiacenza « o poo », il pozzo.

Le apparizioni dell'Angelo
partendo da queste casette che i tre piccoli amici erano soliti spingere ogni giorno il piccolo gregge delle due famiglie verso questo o quel luogo, a loro scelta, nei dintorni di Aljustrel. Ivi passavano assieme l'intera giornata custodendo le pecore e giocando. A mezzogiorno prendevano il cibo che le mamme ave-vano messo per loro in un piccolo sacchetto di stoffa dopo di che, prima di rimettersi a giocare, recitavano insieme il santo Ro-sario.

LA PRIMA APPARIZIONE DELL'ANGELO
Un giorno piovigginoso di primavera (non possiamo pre-cisare l'anno) i tre fanciulli erano andati col gregge alla Loca do Cabeo dove, con loro stupore, furono testimoni di un fatto straordinario. Di
questo fatto abbiamo la descrizione precisa fattaci dalla stessa Lucia; eccola testualmente:
« Non posso riferire con certezza le date, perché a quel tem-po io non sapevo calcolare gli anni, i mesi e persino i giorni della settimana. Mi pare nondimeno che debba essere stato in pri-mavera quando l'Angelo ci apparve per la prima volta nella Lo-ca do Cabeo.
Salivamo su per la collina con il gregge in cerca di un riparo e, dopo aver consumato il nostro pranzo e recitate le preghie-re, vedemmo, ad una certa distanza sulla cima degli alberi, sfug-gente verso Est, una luce più bianca della neve, che lasciava in-travvedere la figura di un giovane trasparente e più sfavillan-te del cristallo colpito dai raggi del sole. Quando si avvicinò di più potemmo distinguerne meglio l'aspetto. Noi fummo sor-presi e ammutolimmo per lo stupore. Essendosi avvicinato a noi disse: "Non temete. Io sono l'Angelo della pace. Pregate con me ". E inginocchiandosi Egli chinò il volto fino a terra. Guidati dallo stesso impulso sopran-naturale, noi facemmo altrettanto e ripetemmo le parole che udi-vamo pronunciare da Lui: 'Mio Dio, io credo, adoro, spero in Voi e Vi amo. Chiedo perdono per quelli che non credono, non sperano, non Vi amano. Dopo aver ripetuto queste parole tre volte, egli si alzò e disse: "Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche ". Poi egli dis parve. L'atmosfera soprannaturale che ci avvolgeva era così inten-sa che, per lungo tempo, a mala pena ci rendemmo conto della nostra stessa esistenza, rimanendo nella medesima posizione e ripetendo le stesse preghiere. Sentivamo così intimamente e inten-samente la presenza di Dio, che non tentammo neppure di par-lare l'un l'altro. Il giorno seguente potemmo ancora sentire l'influenza di questa santa atmosfera, che cominciava a scomparire solo molto lentamente. Noi non raccontammo nulla di questa apparizione e neppure raccomandammo l'un l'altro di mantenerla segreta. La stessa apparizione sembrava imporci il silenzio. Essa era di una tale intima natura che non era affatto facile parlarne. Forse per-ché era la prima manifestazione, ci fece una più grande impres-sione ».

LA SECONDA APPARIZIONE DELL'ANGELO
Circa due mesi più tardi, verisirnilmente in agosto quando il caldo insopportabile rendeva impossibile il lavoro nei campi, mentre i tre fanciulli si trovavano presso il pozzo che sta dietro la casa di Lucia ecco ripetersi il fatto straordinario. Ma ascoltiamolo dalla relazione fatta dalla stessa Lucia:
« La seconda apparizione deve essere avvenuta a metà esta-te quando, a motivo dell'eccessivo caldo, conducevamo a casa il gregge nella mattinata, ritornando nel tardo pomeriggio. Tra-scorrevamo le ore della siesta all'ombra degli alberi che circon-davano il pozzo nel podere chiamato Arniero che apparteneva ai miei genitori. Improvvisamente ci apparve lo stesso Angelo. "Che cosa state facendo? "chiese egli. 'Pregate! Pregate tanto! I Cuori di Gesù e di Maria hanno progetti di grazia per voi. 0ffri-te preghiere e sacrifici all'Altissimo ". "In che modo possiamo fare sacrifici? " chiesi io. "Fate sacrificio di ogni cosa che fate e offritelo come un atto di riparazione per i peccati dai quali Egli è offeso e per ottenere la conversione dei peccatori. In questo modo attirerete la pace sul vostro Paese. Io sono l'Angelo Custode, l'Angelo del Porto-gallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione tutte le sofferenze che nostro Signore vi manderà ". Queste parole ci fecero una profonda impressione, come una luce che ci fa conoscere chi è Dio, come Egli ci ama e desi-dera essere amato, che ci rivela pure il valore del sacrificio, quan-to gli sia gradito e come, in base ad esso, Egli concede la grazia della conversione dei peccatori. Per questa ragione, da quel mo-mento, noi cominciammo ad offrire tutto ciò che ci mortificava, non cercando mai altre vie di mortificazione e di penitenza, se non rimanere per ore con la fronte a terra ripetendo la preghie-ra che l'Angelo ci aveva insegnato ».

LA TERZA APPARIZIONE DELL'ANGELO
Verso la fine di Settembre o ai primi di Ottobre, i tre pa-storelli si trovavano ancora alla Loca do Cabeo, accanto ai gran-di massi di pietra che erano diventati il loro rifugio.
« Là recitammo il Rosario e la preghiera che l'Angelo ci ave-va insegnato nella prima apparizione.
Mentre eravamo là, Egli apparve la terza volta, portando tra le mani un calice sormontato da un'Ostia da cui cadevano nel calice gocce di sangue. Lasciando il calice e l'Ostia sospesi nel-l'aria Egli si prostrò a terra e ripetè questa preghiera tre volte:
"SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profonda-mente, Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divini-tà di Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze da cui Egli è offeso. E per gli infiniti meriti del Suo Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori ".
Quindi, alzatosi, l'Angelo prese il calice e l'Ostia. Diede l'Ostia a me e il contenuto del calice a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo: '~Prendete e bevete il Corpo di Ge-sù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Ripara-te i delitti e consolate il vostro Dio ". Ancora una volta si prostrò a terra, ripetè tre volte la pre-ghiera della SS. Trinità e scomparve.
Costretti dalla forza soprannaturale che ci circondava, imi-tammo tutto ciò che l'Angelo aveva fatto, prostrandoci a terra e ripetendo le preghiere da lui recitate. Sentivamo così intensamen-te la presenza di Dio da essere completamente sommersi e assor-biti da essa. Ci sembrò per un tempo considerevolmente lungo, di essere privi del nostro corpo e dei nostri sensi.
Durante i giorni seguenti. tutta la nostra attività era com-presa da quello stato soprannaturale. Internamente sentivamo una grande pace e una grande gioia, che lasciavano l'anima come immersa in Dio ».
La prima apparizione della Vergine: Domenica 13 Maggio 1917
« Vengo dal Cielo...»
Le apparizioni dell'Angelo sarebbero certamente rimaste sco-nosciute a noi ed al mondo intero, se ad esse non avessero fatto seguito altre ed ancor più straordinarie apparizioni, delle quali i tre fanciulli di Aljustrel furono sì i soli interlocutori, ma alle quali furono presenti folle sempre più numerose di credenti e di increduli, di dotti e di semplici contadini... Ma vediamo come si svolsero i fatti.
Era la Domenica 13 Maggio 1917. I tre cuginetti, dopo aver assistito alla 5. Messa nella Chiesa parrocchiale di Fàtima, tor-narono ad Aljustrel per prepararsi a condurre al pascolo il loro gregge.
Il tempo era splendido e decisero di andare, questa volta, fino alla Cova da Iria, la grande radura a forma di anfiteatro delimitata verso Nord da una piccola altura.
« Qui, narra Lucia, mentre giocavo con Giacinta e France-sco in cima alla collina a fare piccole mura con sassi intorno a un cespuglio di ginestra chiamato "moita ", improvvisamente ve-demmo una folgore, come di lampi.
"C'è una folgore di lampi, dissi io ai miei cugini, può darsi che venga il temporale, sarebbe meglio andare a casa
"Sì, certo ", dissero essi.
E cominciammo a discendere la collina guidando il gregge lungo la strada. Quando arrivammo ad un grande leccio a metà strada dal pendio, la luce sfolgorò ancora.
Pochi passi più avanti scorgemmo una bella Signora vestita di bianco, ritta sopra un leccio, vicino a noi. Ella era più lumi-nosa del sole, raggiante di una luce sfolgorante...
Colpiti da stupore, ci arrestammo davanti a questa visione. Eravamo così vicini da essere immersi nella luce che irradiava dalla sua Persona, alla distanza di circa un metro.
Quindi la Signora disse: "Non abbiate paura, non vi farò del male ".
"Da dove venite? "Io chiesi.
"Vengo dal Cielo
".
"Che cosa volete da me?
"Vengo per chiedervi di venire qui per sei mesi consecu-tivi, il giorno 13 alla stessa ora. In seguito vi dirò cosa io voglio. E ritornerò qui ancora una settima volta
".
"E io andrò in Cielo? "Sì ci andrai". "E Giacinta? "Anch'ella ci andrà ". "E Francesco?
"Vi andrà pure lui, ma prima dovrà recitare il suo Ro-sario
Mi sovvenne di chiedere di due ragazze morte recentemente. Esse erano mie amiche ed erano solite venire a casa mia ad im-parare a tessere con la mia sorella maggiore.
"Maria Das Neves è in Paradiso?
"Sì ". (Penso ella avesse 16 anni)
"E Amelia?
"Ella rimarrà in Purgatorio fino alla fine del mondo ". (Mi pare avesse 18 o 20 anni)
"Volete offrire a Dio tutte le sofferenze che Egli desidera mandarvi in riparazione dei peccati dai quali Egli è offeso, e per domandare la conversione dei peccatori?
"Sì lo vogliamo ".
"Andate dunque, perché avrete molto da soffrire, ma la Grazia di Dio vi conforterà
Mentre pronunciava queste ultime parole (la Grazia di Dio...), Nostra Signora aprì per la prima volta le sue mani e ri-versò sopra di noi una luce così intensa che penetrò nei più re-conditi recessi del nostro cuore facendoci rispecchiare in Dio molto più chiaramente che se ci fossimo rispecchiati in uno specchio.
Poi, spinti da un interiore impulso cademmo in ginocchio, ripetendo nei nostri cuori: "SS. Trinità, io Vi adoro! mio Dio, mio Dio, Vi amo nel SS. Sacramento! ".
Dopo alcuni momenti, Nostra Signora parlò ancora: "Di-te il Rosario ogni giorno per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra
Incominciò quindi ad ascendere lievemente salendo verso oriente: la luce che la circondava sembrava aprire un sentiero di fronte a Lei, finché Ella alla fine scomparve nell'immensità dello spazio; ecco perché noi a volte abbiamo detto di aver visto il Cielo aprirsi ».
Durante l'apparizione solo Lucia aveva conversato con la « Signora »; Giacinta aveva sì udite le parole, ma non aveva parlato; Francesco non aveva neppure udito quello che la Signora diceva: tutti e tre però l'avevano vista, straordinariamente bella, vestita con una tunica bianca che scendeva fino ai piedi e con un lungo mantello che le copriva il capo, con la bianca corona del Rosario nella mano destra e con i piedi poggiati su una piccola nube, al di sopra del leccio...
La loro meraviglia e la loro gioia era al colmo. Giacinta, come fuori di sé, batteva le mani esclamando: « Che bella Si-gnora! Che bella Signora! Era la Santa Vergine! ».
Quel pomeriggio passò in un baleno. I tre fanciulli non sa-pevano staccarsi dal leccio ove la « Signora era apparsa », e solo quando il sole stava già per tramontare, fu Lucia a richiamare
i cuginetti alla realtà: raccolse il gregge e, raccomandando di non dire a nessuno quanto avevano visto, riprese la strada di casa.
A casa però la piccola Giacinta non seppe tacere:
« Mammina! Io ho visto la Santa Vergine alla Cova da Iria! E anche Francesco l'ha vista... ».
Incredula e seccata, Olimpia rivolse uno sguardo severo al figliolo in attesa di una smentita; ma Francesco confermò quanto detto dalla sorella.
Quella sera i due genitori, ai quali Giacinta non aveva mai detto una bugia, mandarono a letto i due bambini dicendo per-plessi e pensierosi: « Ne riparleremo domani con la mamma di Lucia ».
Lucia non aveva parlato; e quando sua madre Maria Rosa ebbe da lei la conferma dell'accaduto, sulle prime la tacciò di bugiarda, ma poi, passando dalle minacce alle carezze, preten-deva che la figlia smentisse il resoconto. Ma Lucia rispondeva sempre:
« Come posso dire di non aver visto quello che ho visto? ».
Alla fine arrivarono le percosse; ma Lucia non ritirò una sillaba di quanto aveva detto.
Si decise allora di consultare il Parroco di Fatima, e fu una decisione saggia: il Parroco calmò Maria Rosa, persuadendola che la miglior cosa da fare era di lasciar cadere tutto nel nulla...
La seconda apparizione della Vergine: 13 Giugno 1917

« Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio »

Il 13 di Giugno, giorno di 5. Antonio, è grande festa in
tutto il Portogallo: benché morto a Padova, 5. Antonio è infatti nato a Lisbona ed è patrono della Nazione portoghese. Per di più la Chiesa parrocchiale di Fatima era dedicata al Santo ed in paese, oltre le solenni funzioni religiose, c'era in quel giorno la fiera, grande attrazione per tutti i bambini.
In casa Marto si era dimenticato che quello era anche il giorno dell'appuntamento con la « Signora della Cova d'Iria », e mamma Olimpia rimase stupita quando la piccola Giacinta le chiese di poter andare alla Cova.
« Ma come, non vuoi venire alla festa di 5. Antonio? ».
« No, mamma, rispose seria Giacinta, Sant'Antonio non è bello.., la Madonna è molto più bella ».
Verso le ore undici di quella mattina, insieme ai tre fratelli al-la Cova di Iria c'erano almeno cinquanta persone che, o per devo-zione o per curiosità, vollero essere presenti all'appuntamento.
« Dopo aver recitato il Rosario con Giacinta, Francesco e le altre persone presenti è sempre Lucia che racconta noi vedemmo che si avvicinava ancora il riflesso della luce (che noi chiamavamo lampo) e ancora, come in Maggio, la Signora apparve sopra il piccolo leccio.
"Che cosa volete da me?
" domandai.
"Voglio che veniate qui il 13 del prossimo mese. Voglio che recitiate ogni giorno il Santo Rosario e impariate a leggere.' In seguito vi dirò che cosa altro voglio
Io poi chiesi alla Signora di guarire una ammalata.
"Se ella si emenderà sarà guarita quest'anno
Appena pronunciò queste ultime parole la Signora aprì le mani e ci comunicò, per la seconda volta, l'immensa luce che l'avvolgeva. In questa luce ci potemmo vedere immersi in Dio. Giacinta e Francesco sembravano essere nella luce che saliva verso il Cielo, mentre io ero in quella che scendeva verso la terra. Davanti al palmo della mano destra della Signora c'era un cuore circondato da spine che lo tra figgevano. Noi capimmo che si trat-tava del Cuore Immacolato di Maria oltraggiato dai peccati della umanità, e quindi Ella chiedeva riparazione ».
Le parole della " Signora" sulla sorte dei tre fanciulli (« porterò presto in cielo Giacinta e Francesco, ma tu devi ri-manere... ») divennero per essi come un piccolo segreto che con-servarono gelosamente anche nei confronti dei propri genitori. Per questo Lucia conclude così la sua relazione:
« Questo è ciò che riferimmo, quando dicemmo che Nostra Signora ci aveva comunicato un segreto in giugno. La Signora non ci ordinò di mantenere questo segreto in questa occasione, ma noi ci sentivamo indotti a fare ciò da Dio ».
Dopo qualche giorno da questa seconda apparizione, nelle case e nei crocicchi delle strade di Aljustrel e di Fàtima non si fe-ce che parlare dei tre fanciulli. C'era chi si indignava per la li-bertà loro concessa di beffarsi di tutto un paese e chi temeva la rappresaglia delle autorità. I genitori erano molto preoccu-pati e la madre di Lucia addirittura infuriata.
Fu in questa atmosfera di tensione generale che si decise di consultare una seconda volta il Parroco di Fàtima, Don Manuel Ferreira.
Ma ascoltiamo ancora la relazione di Lucia:
« Appena mettemmo il piede sulla scala del presbitero, mia madre mi disse:
"Tu dirai al signor Parroco che hai mentito, così egli, du-rante la Messa di Domenica potrà disingannare la gente, e tutto sarà finito. 4~he cose sono mai queste di far correre la gente alla Cova da Iria per farla pregare davanti a una pianta?
".
contrariamente a quanto io temevo, il Parroco ci ricevette gentilmente e mi interrogò con calma su tutto quanto era ac-caduto.

Poi pesando bene le parole, concluse così:

"Non mi sembra che tutto ciò venga dal Cielo! Perché la Madonna sarebbe dovuta scendere sulla terra per raccoman-darci di dire tutte le sere il Rosario, quando già lo si recita in tutta quanta la Parrocchia? Quando Nostro Signore si comunica alle anime domanda loro sempre di rendere conto di tutto al Con-fessore o al Parroco!
Tutto questo potrebbe anche non essere che un inganno del demonio. Lasciamo all'avvenire di farci conoscere la ve-' ,,
rita...
».
Tornando a casa Lucia fu presa da un duplice sentimento:
di gioia, perché avrebbe potuto ancora tornare alla Cova senza disobbedire àl Parroco; ma anche di timore: non aveva detto il Parroco che l'apparizione poteva essere opera del demonio?
E ben presto il timore prese il sopravvento sulla gioia, tra-sformandosi in terrore. E decise di non tornarvi mai più.

La terza apparizione della Vergine: 13 Luglio 1917
« Avete visto l'Inferno... »
Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà»
Frattanto però, indipendentemente dalle decisioni di Lu-cia, il concorso popolare sui luogo delle apparizioni si faceva sem-pre più imponente. Davanti al piccolo elce fu costruito un roz-zo arco di trionfo sormontato da una croce, accanto al quale parecchi pellegrini venivano tutti i giorni a pregare.
La sera del 12 Giugno una gran folla di fedeli era accampa-ta alla cova in attesa degli avvenimenti del giorno dopo.
« Quella sera racconta Lucia io chiamai i miei cugini e co-municai loro la mia decisione di non andare alla Cova. Allora Gia-cinta mi disse che avrebbe parlato lei alla Signora, ma poi si mi-se a piangere dicendo: "Perché non vuoi venire con noi?
"No, io non verrò! E se la Signora chiede di me dille che non sono venuta perché avevo paura che fosse il demonio...
Ma il giorno dopo, avvicinandosi il momento dell'appunta-mento
Con la Signora, mi sentii sospinta da una forza alla qua-le non potei resistere. Mi misi allora in cammino e passai da mio zio per vedere se Giacinta era ancora a casa: la trovai con Fran-cesco, inginocchiata ai piedi del letto, tutta in lacrime.
"Allora voi non andate? E già ora, dissi io -
"Senza di te non abbiamo il coraggio. Vieni con noi...
"Muovetevi allora, perché io sono già in cammino!"
Il loro volto si inondò di gioia e partirono con me ».
« Alcuni momenti dopo il nostro arrivo alla Cova da Iria, vicino al leccio, dove un gran numero di persone stava recitan-do il Rosario, abbiamo visto ancora una volta la luce lampeggiare e un minuto dopo Nostra Signora apparve sul leccio.
"Che cosa volete da me? ".
"Voglio che voi veniate qui il 13 del prossimo mese. Con-tinuate a recitare il Rosario tutti i giorni, in onore di Nostra Si-gnora, per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra, per-ché solo Ella la può ottenere ".
"Desidero che ci diciate chi siete voi, e che compiate un miracolo, così tutti crederanno che voi ci siete veramente ap-parsa ".
"Continuate a venire qui ogni mese. In ottobre vi dirò chi sono e che cosa voglio e compirò un miracolo affinché tutti pos-sano credere ".
Qui ho fatto alcune domande in favore di alcune persone che non posso ricordare. Ciò che ricordo è che la Signora disse che era necessario per quelle persone dire il Rosario per otte-nere le grazie durante l'anno. E continuò:
"Sacrificatevi per i peccatori, e dite spesso, specialmente quando compite qualche sacrificio: 'Gesù, questo è per Vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei pecca-ti commessi contro il Cuore Immacolato di Maria ".
Dicendo queste ultime parole, la Signora aprì le mani, come aveva fatto durante i due mesi precedenti. La luce proveniente da esse sembrava penetrare la terra e vedemmo un mare di fuoco. Immersi in questo fuoco c'erano demoni e anime che sembrava-no tizzoni trasparenti, alcuni neri o bronzei, in forme umane, portate intorno dalle fiamme che uscivano da essi assieme a nuvole
di fumo. Essi cadevano da tutte le parti, proprio come le scintille cadono dai grandi fuochi, leggere, oscillanti, tra grida di dolore e di disperazione, che ci atterrirono fino a farci tremare di paura. (Deve essere stata questa vista che mi fece gridare; la gente infatti dice di avermi sentita dare un grido).
I demoni potevano essere distinti dalla loro somiglianza a orribili ripugnanti e sconosciuti animali, incandescenti come car-boni accesi.
Atterriti e come per supplicare aiuto, alzammo gli occhi verso Nostra Signora, la quale ci disse con gentilezza, ma an-che con tristezza: "Avete visto l'inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Al fine di salvarli Dio desidera di stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato ».
Fin qui la Signora aveva chiesto « preghiera e penitenza »perché gli uomini possano salvarsi dall'Inferno eterno; ma ora chiede « preghiera e penitenza » perché l'umanità possa evitare anche i giusti castighi di Dio su questa terra:
« Se farete quanto vi ho detto, molti si salveranno e ci sa-rà la pace. La guerra finirà, ma se gli uomini non cesseranno di offendere Dio, scoppierà un'altra e più terribile guerra durante il Pontificato di Pio XI. Quando vedrete che una notte si illumi-nerà di una luce sconosciuta, sappiate che quello è il segno che Dio vi dà, che punirà il mondo per i suoi crimini con la guerra, con la fame, con la persecuzione della Chiesa e del Santo Padre. Per impedire ciò, io verrò a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la Comunione di riparazione nei pri-mi sabati. Se i miei desideri saranno soddisfatti la Russia si con-vertirà e regnerà la pace. Se no, la Russia diffonderà i suoi erro-ri nel mondo, causando guerre e persecuzioni alla Chiesa. Il buo-no sarà martirizzato, il 5. Padre avrà molto da soffrire e molte na-zioni saranno annientate.
Ma alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà. Il 5. Padre consacrerà la Russia a me ed essa si convertirà e un periodo di pace sarà concesso al mondo ».
Alla fine la Signora raccomandò di non dire a nessuno alcu-ne cose che evidentemente non sono qui riferite. Si tratta del cosiddetto « Segreto di Fàtima » ancora avvolto nel mistero:
« Non dire questo a nessuno. Puoi dirlo a Francesco ». Qualunque sia il contenuto di questo segreto, ciò che con-ta per noi è ~non essere sordi al richiamo della Vergine di ritor-nare a una vita veramente cristiana, se vogliamo evitare i ca-stighi di Dio.
Proprio per questo la Vergine aggiunse:
« Quando recitate il Rosario, dopo ogni mistero dite:
"Gesù mio, perdonateci, preservateci dal fuoco dell'Inferno, portate in Cielo tutte le anime, specialmente quelle più bisogno-se
Seguì un breve silenzio; poi chiesi:

"C'è ancora qualche cosa che volete da me?
"No, per oggi non voglio più nulla da te
E, come nelle precedenti apparizioni, Ella cominciò a salire in direzione dell'oriente, finché scomparve nell'immensità del-lo spazio ».

I fanciulli messi alla prova
Durante l'ultima apparizione più di quattromila persone erano raccolte attorno al piccolo leccio nella Cova da Iria!
I quotidiani portoghesi, non potendo più oltre ignorare il grande movimento di folle, incominciarono a riportare servizi sui fatti di Fàtima; ma i loro giudizi (come quello espresso da « O Seculo » del 22 Giugno 1917) erano finemente sarcastici nei con-fronti dei tre fanciulli e piuttosto duri verso le autorità civili che ancora non avevano preso posizione al riguardo: « Se l'autorità non sa ancora niente di questo affare, il nostro articolo potrà ser-vire da grido d'allarme! ».
L'Autorità chiamata in causa era, di fatto, il Sig. Arturo de Oliveira Santos, amministratore di Villa Nuova d'Ourém, capo-luogo dal quale dipendeva Fàtima.
Il signor Santos si fece dunque vivo proprio la mattina del 13 Agosto: arrivò col suo calesse ad Aljustrel verso le ore dieci, manifestando, con ostentata cortesia, di voler assistere all'appari-zione. Siccome però mancavano ancora due ore all'appuntamento celeste, il Sindaco invitò i tre pastorelli ad andare con lui a ren-dere omaggio al Parroco di Fàtima.
I tre fanciulli lo seguirono ignari di quanto si stava traman-do ai loro danni. Giunti alla Canonica si videro infatti sottopo-sti a un fuoco di fila di domande che li spaventarono ma non li smossero dal loro proposito di andare alla Cova.
Allora il Sindaco, cambiando tono, propose: « già l'ora dell'apparizione. Se andiamo a piedi non arrivere-mo in tempo: accompagnerò io i bambini con il mio calesse al-la Cova ».
Ma appena messosi in moto, il calesse prese la direzione di Villa Nuova d'Ourém...
Quivi giunti furono condotti nella casa del Sindaco dove la moglie, signora Adelina, li accolse con bontà, diede loro da mangiare e li fece persino giocare con i propri figlioletti. Ma i tre fanciulli erano pieni di tristezza, col pensiero rivolto alla « Cova » ove la Madonna li avrebbe aspettati inutilmente e do-ve una immensa folla (i testimoni parlano di ventimila persone) attendeva invano il loro arrivo.
Fu questa l'unica vittoria del Sindaco, vittoria temporanea e, come vedremo, controproducente.
Quella notte i tre fanciulli dormirono in casa della Signora Adelina, ma la mattina del giorno seguente furono condotti da alcuni poliziotti al Palazzo comunale ed invitati dal Sindaco, con promesse di doni, a negare quanto andavano raccontando sulle apparizioni e, quanto meno, a svelare il « segreto ».
Poiché i bambini si rifiutavano di fare l'una e l'altra cosa, nel pomeriggio di quello stesso giorno il Sindaco passò dalle lu-singhe ai ricatti: fece chiudere i tre bambini nella prigione che sta al pian terreno del Palazzo e, chiamandoli ad uno ad uno nell'ufficio comunale che è al primo piano, minacciava di gettarli nell'olio bollente se non avessero desistito dalle loro menzogne.
Quando uno di loro veniva chiamato, gli altri lo esortavano a morire piuttosto che tradire la promessa fatta alla « Signora », e si davano l'appuntamento in Paradiso.
Giacinta piangeva perché voleva vedere la mamma prima di morire; e fu chiamata per prima.
Francesco, chiamato per secondo, era più sereno e diceva:
« Se ci uccidono fra poco saremo in Paradiso... ».
Immensa fu la meraviglia e la gioia quando, dopo gli inter-rogatori, si ritrovarono insieme sani e salvi, ma più grande fu la felicità di essere stati fedeli alla Vergine, a costo della vita!
Quella sera uno psichiatra di Leiria, il Dott. Antonio Ro-driguo de Oliveira, fu chiamato per visitare i fanciulli e per sta-bilire se fossero soggetti... ad allucinazioni. Ma il responso fu negativo: i bambini risultarono perfettamente sani di mente, ed il rapporto del medico fu fatto sparire.

La quarta apparizione della Vergine: 15 Agosto 1917
« Pregate e fate sacrifici.., perché molte anime vanno all'In-ferno »
La mattina del giorno i 5 il Sindaco scoraggiato riac-compagnò i tre pastorelli alle loro case, con quale gioia loro e dei loro genitori ognuno può immaginare.
Quello stesso pomeriggio Lucia, Francesco ed un fratello di questi di nome Giovanni (Giacinta era rimasta a casa) ripresero-
il loro consueto lavoro di pastorelli e, forse per non allon-tanarsi troppo dal paese, condussero il gregge in un luogo vicino, abbastanza erboso, che per il caratteristico andamento irrego-lare del terreno la gente chiamava « i Valinbos », le Piccole Valli.
In quel giorno i fanciulli erano tristi pensando al dispiacere arrecato alla « Signora » per essere stati impediti di andare alla Cova il giorno 13, quando avvenne il fatto che qui narreremo riprendendolo alla lettera dalla narrazione che ne fece poi Lucia:
« Siccome è già stato detto ciò che accadde in questo giorno, non mi dilungherò qui, ma passerò all'apparizione, che, secondo me, avvenne il 15 nel pomeriggio. Siccome non sapevo ancora computare i giorni del mese, può darsi che mi sia sbagliata. Ma ritengo sia stato lo stesso giorno in cui siamo tornati da Villa Nuova de Ourém. Eravamo con le pecore in un posto chiamato Valinhos, mi accompagnavano Francesco e suo fratello lodo, quando sentimmo qualcosa di soprannaturale che si avvicinava e ci avvolgeva. Sospettammo fosse la Signora e spiacenti perché Giacinta avrebbe perso la visione, chiedemmo a suo fratello Jodo di andare a chiamarla. Siccome si rifiutava di andare gli offrii due monete ed allora andò di corsa. Nel frattempo Francesco e io ve-demmo lo sfavillio della luce, che noi chiamavamo folgore, e dopo qualche minuto dall'arrivo di Giacinta, vedemmo la Signora su un leccio.
"Che cosa volete da me? "
"Voglio che continuiate ad andare alla Cova da Iria il 13 e che continuiate a recitare il Rosario ogni giorno. In Ottobre compirò un grande miracolo, così che tutti crederanno ".
"Cosa volete che si faccia dei soldi che la gente lascia alla Cova da Iria? ".
"Procurate con essi due portantine una per te e per Giacinta da portare con due altre ragazze vestite in bianco, l'altra per Fran-cesco da trasportare con altri tre ragazzi. I soldi posti sopra la portantina saranno per la festa di Nostra Signora del Rosa-
rio, e ciò che avanzerà sarà un fondo per la costruzione di una cappella
"Vorrei chiedervi la guarigione di alcune persone malate
".
"Sì, ne guarirò alcune durante l'anno ".
Quindi con espressione rattristata disse:
"Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, per-ché molte anime vanno all'Inferno perché non hanno nessuno che preghi e faccia sacrifici per esse
La Signora cominciò quindi a salire, come il solito, verso est ».
Il volto triste e le parole della Vergine che raccomanda-vano la penitenza per la salvezza dei peccatori, accesero nei tre fanciulli un così grande desiderio di sacrificio che li portò a cogliere ogni occasione per mortificarsi. Se vedevano ortiche le stringevano fra le mani per offrire a Dio un atto di riparazione pei tanti peccati che si commettono nel mondo; nelle giornate afose si astenevano dal bere, giungendo a non prendere acqua per parecchi giorni consecutivi; trovavano mille scuse per non mangiare la frutta come l'uva o i fichi che, per quei poveri pasto-relli, era quanto di più ghiotto esistesse; talvolta davano la loro stessa merenda alle pecore " per soffrire la fame ", ed in seguito presero l'abitudine di darla a dei bambini più poveri di loro che incontravano nei campi.
In questo periodo, verso la fine di agosto, che avvenne un episodio tanto eroico da non poter essere taciuto, anche per-ché provocò l'intervento della Vergine stessa. I tre pastorelli sta-vano andando come al solito a pascolare il gregge, quando Lucia vide sul sentiero una corda, la raccolse e, quasi giocherellando, se la attorcigliò attorno al braccio. Sentendone dolore, esclamò:
« Fa male! Potremmo stringercela ai fianchi e offrire questo sa-crificio al Signore! ».
La corda fu subito tagliata in tre pezzi e ciascuno se la strin-se alla vita, sulla nuda carne.
La ruvidezza della corda e lo sfregamento che essa provocava mentre i bimbi camminavano, cominciarono ad arrossire la carne e a farla sanguinare, provocando un tale e continuo dolore che spesso Giacinta, la più piccolina, non sapeva trattenere le lacrime. Ma diceva: « per consolare Nostro Signore e per convertire i peccatori...
Per qualche settimana i tre bambini portarono la corda sia di giorno che di notte finchè come vedremo nella apparizio-ne del 13 Settembre la Madonna stessa permise loro di tenerla solo durante il giorno.
I due fratellini continuarono a far uso di questo cilicio per tutta la loro breve vita, fino all'ultima malattia, quando France-sco consegnò la corda a Lucia « perché la mamma non la vedesse »; lo stesso fece Giacinta prima di andare all'ospedale. « Questa cor-da scriverà poi Lucia aveva tre nodi, ed era macchiata di sangue ».
Prima di entrare in convento Lucia, temendo che le corde ve-nissero scoperte le bruciò, privandoci di due preziose reliquie. Ma ci resta l'insegnamento di quanto un ideale ed un amore sopranna-turali possano trasformare la vita di tre fanciulli e la nostra

in un purissimo olocausto.
La quinta apparizione della Vergine: 13 Settembre 1917
« Continuate a dire il Rosario »
Si giunse così al giorno del nuovo appuntamento.
Il 13 Settembre la « Cova » era letteralmente invasa dai pellegrini: venticinque o trentamila, forse anche di più. Ma, a parte il - numero, ciò che sbalordisce è il fervore che anima quella folla immensa di uomini e di donne appartenenti ad ogni condizione sociale, che da ore se ne sta ordinata e in preghiera, in attesa dell'arrivo dei tre fanciulli.
Ed ecco il racconto di Lucia:
Avvicinandosi l'ora mi incamminai con Giacinta e Fran-cesco, ma a motivo della folla che ci circondava potevamo avan-zare solo con difficoltà. Le vie erano affollatissime, tutti volevano vederci e parlarci. Signore e signori, come pure il semplice popolo, lottavano per aprirsi un varco tra la folla e raggiungerci, e si gettavano in ginocchio di fronte a noi supplicandoci di portare le loro petizioni alla Signora. Molti che non avevano la possibilità di avvicinarsi a noi gridavano da lontano: "Per amore di Dio, chiedete alla Signora di guarire mio figlio zoppo!" gridò uno. E un altro: "E il mio che è cieco! ". E un altro ancora: ~'E il mio che è muto! ". "Che mio figlio e mio marito ritornino dalla guerra! ". "Che Nostra Signora mi converta, perché sono pecca-tore! ". "Che mi guarisca dalla tubercolosi! ".
Ogni specie di afflizione umana sembrava essere là. Alcuni si arrampicavano sugli alberi o sui muri per vederci passare. Noi cercavamo di rispondere ad alcuni, e di sollevare altri che sta-vano inginocchiati a terra. Grazie ad alcuni uomini che ci apri-vano il passaggio tra la folla, riuscimmo ad andare avanti.
Ora, quando leggo le meravigliose scene del Nuovo Testa-mento sul passaggio di Nostro Signore attraverso la Palestina, penso alle nostre povere strade e ai sentieri di Aljustrel, Fàtima e Cova da Iria, e ringrazio Dio, offrendogli la fede del nostro buon popolo portoghese. E penso che se essi si umiliavano così tanto di fronte a tre poveri bambini, solo perché ad essi è stata benevolmente concessa la grazia di parlare con la Madre di Dio, che cosa non avrebbero fatto se avessero visto Nostro Signore in persona davanti ad essi? Tutto ciò non ha niente a che fare con l'argomento; è stata una distrazione della mia penna che mi ha fatto deviare un'inutile digressione.
Alla fine arrivammo alla Cova da Iria, e davanti al leccio incominciammo a recitare il Rosario con il popolo. Dopo un po' vedemmo la luce e Nostra Signora sul leccio.
'Continuate a dire il Rosario per la fine della guerra. In ot-tobre 5. Giuseppe apparirà con il Bambino Gesù a benedire il mondo. Il Signore si compiace dei vostri sacrifici, ma Egli non vuole che voi dormiate con la corda: cingetela solo durante il gior-no
"Mi hanno detto di chiedervi molte cose: la guarigione di alcune persone malate, di un sordo-muto...".
"Sì guarirò alcuni, ma non altri. In ottobre compirò un mi-racolo, così che tutti crederanno ".
Incominciò quindi a salire come il solito e scomparve ».
Durante questa apparizione anche la folla fu resa parteci-pe di alcuni fenomeni straordinari, quasi un primo saggio del grande miracolo promesso per il mese successivo.
Noi stessi abbiamo ascoltato il racconto di questi fatti dal Canonico Dott. Giuseppe Galamba de Oliveira, Vicario generale della Diocesi di Leiria che, allora giovane seminarista, era pre-sente alla Cova da Iria in quel 13 di Settembre. Egli si trovava mischiato alla folla quando vide apparire nel cielo un grande globo luminoso che si spostava lento e maestoso verso occidente.
La folla era estatica e al colmo della meraviglia quando ecco piovere dal cielo una miriade di fiocchi bianchi, simili a pe-tali di fiori o a fiocchi di neve. La gente alzava le mani o stendeva i cappelli per poterli raccogliere, ma essi svanivano a pochi me-tri da terra.
Oltre a ciò, una nuvoletta bianca, simile ad una fumata d'incenso si innalzò dal leccio, mentre fu notata una sensibile diminuzione della luce solare.
Ma questi fenomeni non furono visti da tutti i presenti, contrariamente al grande prodigio del mese seguente che ci ac-cingiamo a narrare.
Sesta apparizione della Vergine: 13 Ottobre 1917
« Io sono la Madonna del Rosario »
Dopo questa apparizione i tre fanciulli furono visitati da parecchie persone che, spinte da devozione o dà curiosità, voleva-no vederli, raccomandarsi alle loro preghiere, sapere da loro qual-cosa di più su quanto avevano visto e udito.
Tra questi visitatori va ricordato il Dott. Manuel Formigao, inviato dal Patriarcato di Lisbona con la missione di riferire su-gli avvenimenti di Fàtima, dei quali fu in seguito il primo storico sotto lo pseudonimo di « Visconte di Montelo ». Egli fu già pre-sente alla Cova da Iria il 13 Settembre, ove aveva potuto vede-re solo il fenomeno della diminuzione della luce solare che egli però, un poco scettico, attribuì a cause naturali. Su di lui fece più impressione la semplicità e la innocenza dei tre fanciulli, e fu proprio per conoscerli meglio che il 27 Settembre tornò a Fà-tima ad interrogarli.
Con grande dolcezza ma anche con grande perspicacia li in-terrogò separatamente sugli avvenimenti degli ultimi cinque mesi, prendendo nota di tutte le risposte che ne riceveva.
Tornò a Fatima il giorno 11 Ottobre per interrogare di nuovo i fanciulli e i loro conoscenti, pernottando a Montelo presso la famiglia Gon~ales ove raccolse altre preziose informa-zioni, così da lasciarci un resoconto prezioso dei fatti, dei fan-ciulli e della sua... conversione.
Si giunse così alla vigilia del 13 Ottobre 1917: l'attesa per il grande prodigio promesso dalla « Signora » era spasmodica.
Già la mattina del 12 la Cova da Iria era invasa da gente venuta da ogni parte del Portogallo (si calcolarono essere più di 30.000 persone) che si accingeva a passare la fredda notte al-l'aperto, sotto un cielo coperto di nubi.
Verso le 11 del mattino incominciò a piovere: la folla (che a quell'ora toccava le 70.000 persone) restò stoicamente sul po-sto, con i piedi nel fango, con gli abiti inzuppati, in attesa del-l'arrivo dei tre pastorelli.
« Avendo previsto un ritardo per la strada, lasciò scritto Lucia usczmmo di casa prima. Nonostante la pioggia torren-ziale, la gente si accalcava lungo la strada. Mia madre, temen-do che quello /osse l'ultimo giorno della mia vita e preoccupa-ta dall'incertezza di ciò che poteva accadere, volle accompagnar-mi. Lungo la via si ripetevano le scene del mese precedente, ma più numerose e più commoventi. Le strade fan gose non impedi-vano alla gente di inginocchiarsi a terra di fronte a noi nel più umile e supplichevole atteggiamento.
Giunti alla pianta di leccio, nella Cova da Iria, mossa da un impulso interiore, dissi alle persone di chiudere gli ombrel-li per recitare il Rosario
».
Tutti obbedirono, e si recitò il Rosario.
« Subito dopo vedemmo la luce e la Signora apparve sul leccio.
"Che cosa volete da me?
"
"Voglio dirti che desidero che si eriga qui una Cappella in mio onore, perché io sono Nostra Signora del Rosario. Con-tinuate a recitare il Rosario ogni giorno. La guerra finirà presto e i soldati ritorneranno alle loro case
"Ho molte cose da chiedervi: la guarigione di alcune perso-ne ammalate, la conversione dei peccatori e altre cose...
"Alcune le esaudirò, altre no.
.~ necessario che si emen-dino, che chiedano perdono dei loro peccati ".
Quindi con espressione triste disse: "Non offendete più Dio, Nostro Signore, perché Egli è già troppo offeso!
Furono queste le ultime parole che la Vergine pronunciò al-la Cova da Iria.
« A questo punto Nostra Signora, aprendo le mani, le fece riflettere sul sole e, mentre saliva, il riflesso della Sua persona era proiettato sul sole stesso.
Questa è la ragione per cui io gridai forte: "Guardate il so-le
". La mia intenzione non era quella di richiamare l'attenzio-ne della gente verso il sole, perché io non ero conscia della loro presenza. Fui guidata a fare ciò da un impulso interiore.
Quando Nostra Signora scomparve nelle immense distanze del firmamento, oltre al sole vedemmo 5. Giuseppe con il Bambi-no Gesù e Nostra Signora vestita di bianco con un manto blu. 5. Giuseppe con il Bambino Gesù sembravano benedire il mondo:
fecero infatti il Segno di Croce con le loro mani.

Poco dopo, questa visione scomparve e vidi Nostro Signore e la Vergine sotto le apparenze di Addolorata. Nostro Signore fece l'atto di benedire il mondo, come aveva fatto 5. Giuseppe.
Questa apparizione scomparve e vidi ancora Nostra Signora,
questa volta sotto le apparenze di Nostra Signora del Carmelo
».
Ma cosa videro le folle presenti in quell'ora alla Cova da Iria?
Dapprima videro una piccola nube, come d'incenso, che a tre riprese salì dal luogo ove stavano i pastorelli.
Ma al grido di Lucia: « Guardate il sole! » tutti alzarono istintivamente lo sguardo verso il cielo. Ed ecco che le nubi si squarciano, la pioggia cessa e appare il sole: il suo colore è ar-genteo, ed è possibile fissarlo senza restarne abbagliati.
Improvvisamente il sole prende a girare vorticosamente su se stesso, emettendo in ogni direzione luci azzurre, rosse, gialle, che colorano in modo fantastico il cielo e la folla attonita.
Tre volte si ripete questo spettacolo, finchè tutti hanno la impressione che il sole precipiti su di loro. Dalla moltitudine erompe un grido di terrore! C'è chi invoca: « Dio mio, miseri-cordia! », chi esclama: « Ave Maria », chi grida: « Mio Dio io credo in Te! », chi confessa pubblicamente i propri peccati e chi in ginocchio nel fango, recita l'atto di pentimento.
Il prodigio solare dura circa dieci minuti ed è visto contem-poraneamente da settantanlila persone, da semplici contadini ed uomini colti, da credenti ed increduli, da gente venuta per vede-re il prodigio annunciato dai pastorelli e gente venuta per beffarsi di loro!
Tutti testimonieranno gli stessi fatti avvenuti nello stesso momento!
Il prodigio è visto anche da persone che si trovavano fuori della « Cova », il che esclude definitivamente trattarsi di illusio-ne collettiva. il caso riferito dal ragazzo Joaquin Laureno, che
vide gli stessi fenomeni mentre si trovava ad Alburitel, paese a circa 20 chilometri da Fàtima. Rileggiamone la testimonianza autografa:
« Avevo allora appena nove anni e frequentavo la scuola elementare del mio paese, che dista da Fàtima 18 o 19 km. Si era verso mezzogiorno, quando fummo sorpresi dalle grida ed esclamazioni di alcuni uomini e donne che passavano per la strada, davanti alla scuola. La maestra,
donna Delfina Pereira Lopez, si-gnora molto buona e pia, ma facilmente impressionabile ed ec-cessivamente timida, fu la prima a correre sulla strada senza po-ter impedire che noi ragazzi le corressimo dietro. Nella strada il popolo piangeva e gridava, indicando il sole, senza dar risposta alle domande che loro faceva la nostra insegnante. Era il mira-colo, il grande miracolo che si vedeva distintamente dall'alto del monte ove è posto il mio paese. Era il miracolo del sole con tutti i suoi fenomeni straordinari. Mi sento incapace di descriverlo co-me lo vidi e sentii allora. Io guardavo fisso il sole e mi sembrava pallido in modo da non accecare: era come un globo di neve che girava sopra se stesso. Poi improvvisamente parve abbassarsi a zig-zag, minacciando di cadere sulla terra. Spaventato, corsi in mezzo alla gente. Tutti piangevano, attendendo da un momento all'altro la fine del mondo.
Vicino stava un incredulo, che aveva passato la mattinata a ri-dersi dei creduloni che facevano tutto quel viaggio a Fàtima per vedere una ragazza. Lo guardai. Era come paralizzato, assorto, spaventato, con gli occhi fissi al sole. Poi lo vidi tremare da capo a piedi e, levando le mani al cielo, cadere in ginocchio nel fango
gridando: Nostra Signora! Nostra Signora
».
Un altro fatto è testimoniato da tutti i presenti: mentre prima del prodigio solare la folla aveva gli abiti letteralmente inzuppati di pioggia, dieci minuti dopo si trovò con gli abiti com-pletamente asciutti! E gli abiti non possono andare soggetti ad allucinazioni!
Ma la grande testimone del prodigio di Fàtima è la folla stessa, unanime, precisa, concorde nell'affermare quanto ha vi-sto.
In Portogallo vivono ancor oggi molte persone che hanno as-sistito al prodigio, e dalle quali gli autori di questo libretto hanno avuto personalmente il racconto dei fatti.
Ma ci preme riportare qui due testimonianze non sospette:
la prima di un medico, la seconda di un giornalista incredulo.
Il medico è il Dott. Josè Proèn~a de Almeida Garret, pro-fessore all'Università di Coimbra che, su richiesta del Dott. For-migao, rilasciò questa dichiarazione:
« . . . Le ore che io indicherò sono quelle legali, perché il go-verno aveva unificato la nostra ora con quella degli altri bellige-rantì ».
« Io arrivai dunque verso mezzogiorno (corrispondente cir-ca alle 10,30 dell'ora solare: N.d.A.). La pioggia cadeva fin dalla alba, sottile e persistente. Il cielo, basso ed oscuro, prometteva una pioggia ancora più abbondante ».
« ... Io restai sulla strada sotto la "capote" dell'automo-bile, un po' al di sopra del luogo ove si diceva che si sarebbero prodotte le apparizioni; infatti io non osavo avventurarmi nel pantano melmoso di quel campo arato di fresco ».
« ... Dopo circa un ora, i bambini ai quali la Vergine (così almeno essi dicevano) aveva indicato il luogo, il giorno e l'ora del t'apparizione, arrivarono. Si udirono dei canti intonati dalla folla che li circondava ».
« A un certo momento questa massa confusa e compatta chiude gli ombrelli, scoprendosi anche il capo con un gesto che
doveva essere di umiltà e di rispetto, e che mi suscitò stupore ed ammirazione. In realtà la pioggia continuava a cadere con osti-nazione, bagnando le teste e inondando il suolo. Mi dissero in seguito che tutta questa gente, mettendosi in ginocchio nel fan-go, aveva obbedito alla voce di una bambina! ».
« Dovevano essere circa la una e mezza (quasi mezzo giorno dell'ora solare: N.d.A.) quando, dal luogo ove si,trovavano i bam-bini si alzò una colonna di fumo leggero, esile ed azzurrino. Essa salì verticalmente fino a due metri circa al di sopra delle teste e, a questa altezza, si dissipò.
Questo fenomeno perfettamente visibile ad occhio nudo, du-rò alcuni secondi. Non avendo potuto registrare il tempo esatto della sua durata, non posso dire se durò più o meno di un minuto. Il fumo si dissipò bruscamente e, dopo qualche tempo, il feno-meno si riprodusse una seconda, e poi una terza volta.
« . . .Io puntai il mio binocolo da quella parte perché ero con-vinto che provenisse da un incensiere nel quale si facesse brucia-re dell'incenso. Più tardi, persone degne di fede mi hanno af ferma-to che lo stesso fenomeno si era già prodotto il 13 del mese pre-cedente senza che nulla venisse bruciato, nè alcun fuoco acceso ».
« Mentre continuavo a guardare il luogo delle apparizioni in una aspettativa serena e fredda, e mentre la mia curiosità anda-va diminuendo perché il tempo passava senza che nulla di nuovo attirasse la mia attenzione, udii all'improvviso il clamore di mille voci, e vidi quella moltitudine, sparsa nel vasto campo... voltar le spalle al punto verso il quale già da tempo s'erano diretti i de-sideri e le ansie, e guardare il cielo dal lato opposto. Erano qua-si le ore due ».
« Pochi istanti prima il sole aveva rotto la spessa cortina di nubi che lo nascondeva, per brillare chiaramente e intensamen-te. Io pure mi girai verso quella calamita che attirava tutti gli sguardi, e potei vederlo simile a un disco col bordo nitido e se-zione viva, ma che non offendeva la vista.
« Non mi sembrò esatto il paragone, che udii fare a Fatima, di un disco argenteo opaco. Era di un colore più chiaro, attivo, ricco e mutevole, sf accettato come un cristallo... Non era, come la luna, sferico; non aveva la stessa tonalità e le stesse macchie... Neppure si con fondeva col sole velato dalla nebbia (che d'altron-de non c'era in quell'ora) perché non era oscurato, nè diffuso, nè
velato... meraviglioso che per un tempo tanto lungo la folla potesse fissare l'astro splendente di luce e ardente di calore, sen-za dolore agli occhi e senza abbagliamento e offuscamento della retina
».
« Questo fenomeno dovette durare circa dieci minuti, con due brevi interruzioni nelle quali il sole lanciò dei raggi più brillanti e più splendenti, che ci obbligarono ad abbassare lo sguardo ».
« Qusto disco madreperlaceo aveva le vertigini del movi-mento. Non era solamente lo scintillio di un astro in piena vita, ma girava anche su se stesso con una velocità impressionante ».
« Di nuovo si udì salire dalla folla un clamore, come un grido d'angoscia: pur conservando la prodigiosa rotazione su se stesso, il sole stava distaccandosi dal firmamento e, divenuto rosso come il sangue, si precipitava sulla terra, minacciando di schiacciarci sotto il peso della sua immensa massa infuocata. Furono momenti di terrore... »
« Durante il fenomeno solare che dettagliatamente ho de-scritto, nell'atmosfera si alternavano vari colori... Intorno a me tutto, fino all'orizzonte, aveva preso il colore violetto dell'ame-tista: gli oggetti, il cielo, le nubi avevano tutti lo stesso colore. Una grande quercia, tutta violetta, proiettava la sua ombra sulla terra ».
« Dubitando di un turbamento della mia retina, cosa del resto poco probabile perchè in tal caso non avrei dovuto vedere le cose color violaceo, chiusi gli occhi appoggiandovi sopra le dita per impedire il passaggio della luce.
« Ria persi allora gli occhi, ma io vidi, come prima, il paesag-gio e l'aria sempre dello stesso colore violetto.
« L'impressione che se ne aveva non era quella di una eclissi. Io ho assistito ad una eclissi totale di sole a Viseu: più la luna avanza davanti al disco solare più la luce diminuisce, finché tutto diventa scuro e poi nero... A Fatima l'atmosfera, benché violetta, restò trasparente fino ai confini dell'oriz-zonte... »
« Continuando a guardare il sole, mi accorsi che l'atmosfera era diventata più chiara. A questo punto udii un contadino che mi stava accanto esclamare spaventato: « Ma signora, voi siete tutta gialla! ».
« Tutto infatti era cambiato ed aveva preso i riflessi dei vec-chi damaschi gialli. Tutti sembravano ammalati d'itterizia. La mia stessa mano mi appariva illuminata di giallo.... »
« Tutti questi fenomeni che ho enumerato e descritto, io li ho osservati in uno stato d'animo calmo e sereno, senza emo-zioni od angosce
».
« Spetta ora ad altri spiegarli ed interpretarli ».
Ma la testimonianza più probante sulla realtà dei fatti av-venuti alla « Cova da Iria », ci è fornita da un giornalista allora famoso il Sig. M. Avelino de Almeida, Redattore Capo del quo-tidiano anticlericale di Lisbona « O Seculo ».
Egli si recò alla Cova da Iria la mattina del 13 Ottobre dopo aver pubblicato sul suo giornale un articolo beffardo che manifestava l'animo non solo indifferente ed incredulo, ma anche ostile con cui si preparava a guardare gli avvenimenti e a scri-verne il resoconto promesso ai suoi lettori.
Suo malgrado, la sera dello stesso giorno egli dovette pren-dere la penna per smentire i suoi pronostici e, forse, i suoi de-sideri: alla Cova da Iria lui aveva visto « danzare » il sole!
L'articolo uscì in prima pagina sul numero di « O Seculo »del 13 Ottobre 1917, ed aveva per titolo: « Cose meravigliose:
Come il sole ha danzato in pieno mezzogiorno a Fàtima
». Di esso noi riportiamo solo il piccolo tratto segnato in rosso sulla illustrazione che lo riproduce, riconoscendo all'autore l'onestà di una testimonianza che gli verrà rimproverata dai colleghi. Ecco il testo:
« . . .Si assiste allora ad uno spettacolo unico ed incredibi-le per chi non ne è stato testimone. Dall'alto della strada, inta-sata di carri e affollata da parecchie centinaia di persone alle qua-li è mancato il coraggio di scendere nei campi fan gosi, si vede l'immensa folla girarsi verso il sole, ormai libero dalle nubi, in pieno mezzogiorno.
L'astro ha l'aspetto di un disco d'argento pallido, ed è possibile fissarlo con gli occhi senza soffrirne la minima molestia. Esso non brucia, non acceca. La si direbbe una eclisse.
Ma ecco prorompere dalla folla un clamore immenso, men-tre possiamo udire le persone più vicine che gridano: "Mira-colo! Miracolo! Meraviglia! Meraviglia! ".
Sotto gli occhi sbalorditi di questa folla il cui atteggiamen-to ci trasporta ai tempi biblici, che piena di terrore, a testa sco-perta, fissa il cielo, il sole ha tremato, il sole si è scosso bruscamente in un modo prima mai visto e, al di fuori di tutte le leg-gi cosmiche, il sole, per esprimerci con il tipico linguaggio dei contadini, "ha danzato "! ».
Se la storia è basata sulle testimonianze, noi pensiamo che il « miracolo del sole » così circostanziato nel tempo, nel luogo e nella finalità abbia, come pochi altri avvenimenti della storia, le carte in regola per essere riconosciuto da tutti come un fatto storico: un fatto storico nel quale il credente riconosce l'inter-vento di Dio avallante il messaggio di Fatima, e nel quale l'in-credulo può ravvisare un richiamo sulla stoltezza della propria incredulità.

I tre pastorelli dopo le apparizioni
Il modo migliore per capire e rivivere il messaggio di Fati-ma è di osservare come i tre pastorelli, che per primi e diret-tamente lo hanno ricevuto dalla Vergine, lo abbiano capito e vis-suto.
Ci accorgeremo che per essi non ebbe grande importan-za il « segreto » loro comunicato nel mese di Luglio (segreto sul quale si sono appuntati in modo quasi esclusivo gli occhi e le attese di molti fedeli) ma piuttosto la « conversione » ad una vita cristiana più autentica che la Vergine chiese ad essi ed a tutta l'umanità.
Per questo tracceremo un breve profilo biografico di Fran-cesco, di Giacinta e di Lucia, soffermandoci specialmente sul periodo che seguì le apparizioni e sforzandoci di mettere in luce quell'aspetto particolare del messaggio della Madonna che ognu-no di essi seppe far proprio e rivivere con particolare intensità.

Francesco: « consolare Gesù »
Come il lettore avrà certamente notato, durante le appari-zioni a Francesco toccò l'ultimo posto: mentre le sue due com-pagne vedevano la Madonna e ne udivano la voce, lui dovette accontentarsi di vederla soltanto.
Ma è proprio questa circostanza, un poco umiliante spe-cialmente nei confronti della sorella più giovane, che mette in luce la grandezza (vorremmo dire la superiorità) della virtù di Francesco. Mai si è lamentato per questa posposizione, ma con semplicità ha riconosciuto la cosa come normale. Ha accettato le parole della Vergine così come le compagne gliele hanno riferite, e sulla loro testimonianza le ha credute e le ha messe alla base della propria vita.
Di poche parole, Francesco ha nondimeno un grande influs-so sull'atteggiamento delle due compagne, che lo vedono serio e riflessivo in tutto, sempre pronto a scegliere l'ultimo posto o le mansioni più umili.
Il suo carattere riservato gli fa preferire di pregare da solo:
spesso lascia con una scusa le amiche e si ritira in qualche luogo solitario, oppure in Chiesa vicino a « Gesù nascosto », ove rimane ore ed ore a « pensare », come lui stesso si esprime per indicare la preghiera.
Ma a cosa « pensava » Francesco?
« Io penso a consolare Nostro Signore che è afflitto a causa di tanti peccati ».
Questa ansia di riparazione che si innestava su una natura così ben disposta alla compassione e al sacrificio, diverrà l'ani-ma della vita spirituale di Francesco.
Un giorno del Novembre 1917 Lucia gli aveva domandato:
« Cosa ti piace di più: consolare Nostro Signore o conver-tire i peccatori perché non vadano all'Inferno? »
« A scegliere rispose Francesco io preferisco conso-lare Nostro Signore. Non ti ricordi come era triste la Madonna il mese scorso quando chiese che non si offendesse più Nostro Signore che è già troppo o/leso? Io voglio consolare Nostro Signo-re; ma mi piacerebbe anche convertire i peccatori perché non Lo offendano più! ».
All'inizio dell'anno 1918 Francesco cadde gravemente am-malato colpito dalla influenza detta « spagnola » che tante vit-time fece nella intera Europa del dopo guerra. Presto l'influenza degenerò in polmonite e solo le cure di mamma Olimpia valsero a rimetterlo in piedi. Ma Francesco sapeva che ben presto la Madonna lo avrebbe portato in Cielo!
Nelle belle giornate provò ad uscire di casa incamminan-dosi lentamente verso la Cova da Iria. Alle buone persone che si rallegravano con lui per il miglioramento e che gli promette-vano di pregare per la sua guarigione, rispondeva invariabilmen-te con un fare sereno ma che impressionava fortemente: inu-tile che preghiate per questo. Io non otterrò mai la grazia della guarigione ».
Alla fine di Febbraio fece una ricaduta e incominciò ad es-sere afflitto da un terribile mal di testa.
Giacinta e Lucia erano sempre al suo capezzale. Lucia gli disse un giorno:
« Offri le tue sofferenze per i peccatori! ».
Ma Francesco le rispose:
« Prima di tutto le offro per consolare Gesù... ».
Durante questa malattia Francesco portava ancora la corda ai fianchi. Un giorno la consegnò a Lucia dicendole:
« Prendila prima che la mamma la veda: ora non posso più portarla ».
Verso i primi di Aprile la sua salute peggiorò: volle confes-sarsi e ricevere la Comunione. Avendo chiesto a Lucia e a Gia-cinta di dirgli se l'avevano visto commettere qualche peccato, e avendo avuto per risposta che qualche volta aveva disubbidi-to, aveva preso qualche spicciolo al papà, aveva litigato con i compagni... Francesco esclamò:
« Questi peccati li ho già confessati, ma li confesserò an-cora. Chissà se per questi peccati sono stato io la causa per cui il Signore è così triste. ».
Il 2 Aprile il Parroco venne a confessarlo ed il giorno dopo, il 3 Aprile, Francesco poté fare la sua prima ed ultima Comunione.
Il colloquio con « Gesù nascosto » (questa volta nascosto dentro di lui) durò parecchio tempo. Improvvisamente chiese: « Mamma, potrò ricevere Nostro Signore nuovamente? »La mamma fece cenno di sì.
Chiese allora a Lucia di recitare il Rosario ad alta voce perché lui non poteva più parlare. Ma durante il Rosario Gia-cinta, sapendo che Francesco stava per lasciarla, vinta dall'emo-zione scoppiò a dire:
« Quando sarai in cielo fa tanti complimenti per me a Nostro Signore e alla Santa Vergine. Di' loro che io soffrirò tutto quello che essi vorranno per i peccatori e per fare riparazione al cuore Immacolato di Maria... ».
A notte inoltrata mamma Olimpia invitò tutti ad uscire per lasciar riposare il piccolo malato. Lucia disse: « Francesco, questa notte tu vai in Paradiso; non dimen-ticarci... « Non vi dimenticherò ».
« Allora, arrivederci in Cielo... ». « Arrivederci in Cielo! ».
Il giorno seguente lo passò pregando e chiedendo perdono a tutti. Verso le 10 di sera, improvvisamente disse alla mamma: « Mamma, guarda che bella luce, là, vicino alla porta... ». E dopo un momento:
« Ora non la vedo più ».
Dopo queste parole il suo viso si illuminò di un sorriso mera-viglioso e, senza soffrire, il piccolo pastorello di Aljustrel andò a contemplare in Cielo quel « Gesù nascosto » che aveva tanto amato sulla terra.

Giacinta: « salvare dall'Inferno i poveri peccatori »
L'apparizione del 1~ Luglio fu certamente quella che più si impresse nell'animo della piccola Giacinta. Le parole della Ma-donna « sacrificatevi per i peccatori » e la visione dell'Inferno nel quale essi cadono, polarizzarono tutti i suoi sentimenti e le sue aspirazioni. La ragazzina spensierata, giocherellona ed anche un po' scontrosa divenne da quel giorno riflessiva ed impegnata.
Prima delle apparizioni, per fare in fretta a dire il Rosario, pronunciava solo, le prime due parole dell'Ave Maria: « Ave Maria », e rispondeva « Santa Maria »! Dopo le apparizioni ella recitava il Rosario lentamente, con grande attenzione, riuscendo ad ottenere, con quel garbo grazioso che la rendeva irresistibile, che tutte le sere fosse recitato anche in casa sua:
« Mammina bella, io ho già detto il mio Rosario, ma voi no...
Ma oltre che alla preghiera Giacinta si convertì alla morti-ficazione: « Sacrificatevi per i peccatori » aveva chiesto la Ma-donna.
Da quel giorno ogni occasione fu buona per far sacrifici, dalla corda portata ai fianchi, di cui abbiamo parlato, all'offerta della propria merenda ed anche del proprio pasto ad alcuni fanciulli poveri.
Temendo per la salute della cuginetta, Lucia le diceva:
« Giacinta, mangia ».
« No », rispondeva; « voglio fare questo sacrificio per i pec-catori che mangiano troppo! »
La visione dell'Inferno l'aveva terrorizzata: non per sè, che sapeva sarebbe andata in Paradiso, ma per i peccatori. Alle volte esclamava: « Ma perché la Madonna non mostra l'Inferno ai pec-catori?... Se essi lo vedessero non farebbero più peccati e non vi cadrebbero! ».
Già durante la malattia di Francesco, Giacinta era stata col-pita dalla febbre spagnola. Ella tuttavia non fece pesare la pro-pria infermità sui suoi cari, cercando invece di far convergere tutte le attenzioni sul fratellino più grave di lei.
Un giorno Giacinta mandò a chiamare Lucia e le disse:
« Mentre ero da Francesco nella sua camera, la Santa Ver-gine è venuta a trovarci. Ella ha detto che verrà presto a pren-
dere Francesco per portarlo in Cielo... Ella m'ha detto che io andrò in un Ospedale e che soffrirò molto, ma che devo soppor-tare tutto per la conversione dei peccatori ».
Costretta a letto e dovendo essere servita dagli altri, pur avendo una forte sete non chiedeva da bere. Il latte le ripugna-va, ma lo beveva senza farsi pregare dalla mamma e con delle scuse rifiutava l'uva che invece l'attirava. « Questa notte con-fiderà a Lucia ho sofferto molto e ho voluto fare il sacrificio di non girarmi nel letto. Non sono riuscita a dormire neanche un minuto. Ma era per i peccatori...
Intanto le sue sofferenze si facevano di giorno in giorno più gravi, specie dopo la morte di Francesco.
« Come stai? » le chiedeva spesso Lucia.
« Tu sai che sto male... Ho un forte dolore al fianco, ma non dico niente e lo offro per i peccatori ».
I medici tuttavia si accorsero presto della gravità del ma-le che l'àveva colpita e diagnosticarono una pleurite purulenta al polmone sinistro, consigliando il ricovero in Ospedale.
Il ricovero avvenne nell'Ospedale 5. Agostino di Villa Nuo-va de Ourèm, e si protrasse per i mesi di Luglio e di Agosto del 1919. L'unico suo sollievo erano le visite della mamma e quelle di Lucia, che andò a trovarla due volte. Ma noi pensiamo che la sua gioia più grande fu quella di poter guardare, attraverso la finestra della sua cameretta, la Chiesa parrocchiale nella quale Gesù se ne stava nascosto, e di intrattenersi con Lui in dolcis-simi colloqui fatti di fede e di amore.
In Agosto, poiché il suo stato di salute non migliorava, i ge-nitori decisero di riportarla a casa.
Una fistola si era aperta nel fianco sinistro e dalla piaga usciva pus abbondante.
Alle persone che venivano a visitarla Giacinta nascondeva le sue sofferenze, che confidava solo a Lucia, raccomandandole però di non dir nulla a nessuno, nemmeno alla mamma, che ne avreb-be sofferto. Doveva saperlo solo Gesù.
A Lucia, che tutte le mattine prima di recarsi a scuola pas-sava a salutarla, Giacinta diceva invariabilmente con quel suo modo di esprimersi così pieno di affetto: « Oggi va in Chiesa e di' a Gesù che gli mando tanti complimenti, che l'amo molto! ».

Un giorno Giacinta disse a Lucia che la Madonna era venuta a visitarla nella sua stanzetta: « Ella m'ha annunciato che io an-drò a Lisbona in un altro Ospedale, che non rivedrò più nè te nè i miei genitori, e che dopo aver molto sofferto morrò sola. M'ha detto di non aver paura perché Ella stessa verrà a pren-dermi per il Cielo ».
Ciò che più preoccupò Giacinta dopo questa visione, fu il pensiero di « morire sola ». Questa bimba tanto affettuosa e tanto legata ai suoi cari e a Lucia soffriva immensamente a tale prospettiva, e ripeteva: « O Gesù, io penso che potrete conver-tire tanti peccatori. Questo sacrificio è così grande... ».
Verso la metà di Gennaio del 1920 giunse a Fatima il Dottor Enrico Lisbona, rinomato medico della capitale, che visitò Giacinta e assicurò che sarebbe stato possibile salvarla se la si fosse portata a Lisbona per una operazione. Una buona famiglia di Lisbona si offerse di ospitarla nella propria casa durante l'at-tesa del ricovero e così, dopo le prime incertezze, i genitori accon-sentirono.
Giacinta, vedendo così realizzarsi le parole della Vergine, non si oppose, ma chiese soltanto di poter vedere ancora una volta la Cova da Iria. Allora la mamma si fece imprestare una piccola asina, vi fece salire la bimba e ve la portò. L'ultimo chilo-metro Giacinta lo volle farle a piedi, recitando il Rosario. Venne così il giorno degli addii.
Olimpia accompagnò la figlia fino alla capitale, ove rimase otto giorni con lei. A Lisbona però i signori che avevano pro-messo di ospitarla, vedendo il grave stato della piccola, non si sentirono di accoglierla (se avessero potuto prevedere quale per-dita sarebbe stato per loro questo diniego!) per cui mamma Olimpia chiese che fosse accolta nell'Orfanotrofio di Nostra Si-gnora dei Miracoli, diretto allora dalla Madre Maria Godinho.
Sull'esempio di Giacinta che volle, benché malata, percorrere a piedi l'ultimo chilometro per arrivare alla Cova, oggi i pellegrini, in spirito di penitenza, percorrono in ginocchio il piazzale antistan-te la basilica, lasciando sul selciato tracce di sangue.
L'Orfanotrofio è in Via de la Estrela N. 17, ed ha una pro-pria Chiesetta, alla quale si può accedere anche dalla strada. Una piccola stanza del primo piano, comunicante con il dormitorio delle bambine, ha una grata di ferro aperta sulla Chiesa, attra-verso la quale si può vedere il Tabernacolo. A questa notizia il volto di Giacinta si illuminò di gioia; la Madre Godinho lascerà poi scritto che « Giacinta andava spesso in questa stanza e vi restava a lungo a guardare il Tabernacolo: il suo atteggiamento, ma SoprattuttO i suoi occhi fissi su Gesù, facevano impressione ». Un giorno che era a letto e soffriva molto, la Madre Supe-riora andò a visitarla. Ma la bambina le disse:
« Ritorni più tardi, Madre, perché sto aspettando la Santa Vergine ». E come trasfigurata guardava fissamente nella dire-zione donde veniva la Madonna.
In realtà Giacinta confidò alla Madre Godinho diversi mes-saggi ché la Madonna le aveva comunicato durante la sua perma-nenza all'Orfanotrofio. Il contenuto di alcuni di essi è tanto supe-riore all'età della bambina che è impossibile dubitare della loro provenienza celeste. In nota, a piede di pagina, ne riportia-mo alcuni tra i più significativi.
Un giorno che la Superiora le domandò dove avesse appreso queste cose, Giacinta rispose:
« I la Vergine che me le ha dette. Qualcuna però l'ho pen-sata io stessa: a me piace tanto pensare ».
Il giorno 22 Febbraio, festa della Purificazione della Ma-donna, Giacinta fu trasportata all'Ospedale « Dona Estefania »di Lisbona per essere operata. Prima di lasciare l'Orfanotrofio volle fare la Comunione e si fermò a lungo accanto alla grata che guardava nella Cappella.
Anche all'Ospedale Giacinta usciva con certe espressioni che rivelavano una maturità straordinaria, ben superiore a quella di una bambina di 10 anni. Quando qualche visitatrice o qualche infermiera attraversava la sala vestita poco modestamente ella diceva:
* « A che serve tutto questo? Se sapessero che cosa è l'eter-nità... ».
Quando qualche medico usciva in espressioni di scetticismo o di incredulità, diceva: « Poveretti, essi non sanno quello che li attende... ».
Fu operata il martedì 1 Febbraio. Per la grande debolezza non fu possibile darle il cloroformio e le fu praticata solo l'ane-stesia locale.
Le furono asportate due costole, già distrutte dal male, dal che i medici poterono arguire quanto atroci fossero state le sof-ferenze sopportate dalla piccola.
I dolori dell'operazione furono tuttavia gli ultimi della sua vita; ai medici che la incoraggiavano dicendo che l'operazione era riuscita perfettamente, ella disse:
« inutile, io non guarirò. La 5. Vergine mi è apparsa di nuovo. Ella mi ha promesso di venire presto a prendermi e mi ha tolto tutti i dolori ».
Il venerdì 20 Febbraio, sapendo che quello sarebbe stato il giorno della sua morte, chiese i sacramenti. Il Parroco della Chiesa dei Santi Angeli venne a confessarla ma, vedendola in apparente buona salute, non ritenne opportuno darle subito la Comunione nostante le insistenze della piccola; e se ne andò pro-mettendole di tornare l'indomani mattina per portarle l'Eucari-stia. Ma la sera stessa, verso le 22,30, spirò.
Alla sua morte assistette solo una buona infermiera, Aurora Gomes, la mia « Aurorina », come la chiamava Giacinta.
Lontano dalla sua casa, dalla sua mamma, dalla sua Lucia e, soprattutto, senza aver potuto ricevere Gesù, ella « moriva tut-ta sola », offrendo così alla Madonna l'ultimo sacrificio della sua vita.
Lucia: «diffondere nel mondo la devozione al Cuore Immaco-lato di Maria »
Dopo il 1920 dei tre pastorelli che videro la Madonna solo Lucia era rimasta su questa terra.
Senonchè nel 1925 la Madonna le apparve nuovamente con a fianco Gesù bambino.
La Vergine posò la Sua mano sulle spalle di Lucia, mentre con l'altra mano sosteneva un cuore circondato da acute spine. Nello stesso tempo il Bambino Gesù parlò:
« Abbiate compassione del Cuore della Vostra Santa Madre coperto di spine con cui uomini ingrati lo trafiggono ad ogni momento e non c e nessuno che li scuota con un atto di ripara-zione ».
Quindi la 5. Vergine disse a Lucia:
« Figlia mia, guarda il mio Cuore sormontato da spine, con cui uomini ingrati lo trafiggono ad ogni momento con le loro be-stemmie e la loro ingratitudine. Tu almeno cerca di consolarmi e di' che io prometto di assistere nell'ora della morte con tutte le grazie necessarie per la loro salvezza tutti coloro che il primo sabato per cinque mesi consecutivi si confessano e ricevono la Comunione recitando 5 decine di Rosario e mi fanno compa-gnia per un quarto d'ora meditando i misteri del Rosario in ripa-razione ».
Questa visione fu decisava per il suo avvenire: l'anno dopo (aveva allora 19 anni) entrò nel Noviziato delle Suore Dorotee a Tuy ove emise i voti religiosi col nome di Suor Maria dell'Ad-dolorata.
Nel 1948, desiderando offrire a Dio una vita più austera e più raccolta, entrò fra le Carmelitane Scalze di Coimbra ove prese il nome di Suor Maria del Cuore Immacolato in omaggio alla missione cui si sentiva chiamata di diffondere nel mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria, specialmente attraver-so la pratica dei primi cinque Sabati del mese.
A noi pare che l'umanità di oggi, sempre più disattenta ai problèmi eterni e tesa tutta a crearsi un utopico paradiso terre-stre, non abbia ascoltato il richiamo di Fatima.
Ma proprio per questo, prima che sia troppo tardi, esso ci deve scuotere dal torpore e avviarci nuovamente a quella vita di fede in Dio, di preghiera, di carità e di sacrificio che Gesù e Maria ci hanno insegnato come l'unica via che conduce alla salvezza.

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IL MESSAGGIO DI FATIMA

Congregazione per la Dottrina della Fede
PRIMA E SECONDA PARTE DEL
« SEGRETO »
nella redazlone fattane da Suor lucia nella « terza memorla» del 31 agosto 1941,
desfinata al Vescovo di leiria-Fatima

Dovrò, perciò parlare un po' del segreto e rispondere al primo punto interrogativo.

Cos'è il segreto. Mi pare di poterlo dire, perché dal Cielo ne ho già il permesso. I rappresentanti di Dio in terra mi hanno pure autorizzata, varie volte in varie lettere, una delle quali credo sia conserva-ta dall'Ecc. V Rev.ma, quella del P Giuseppe Ber-nardo Gonalves, nella quale mi ordina di scrivere al Santo Padre. Uno dei punti che mi indica, è la ri-velazione del segreto. Qualcosa ho detto, ma per non allungare troppo quello scritto, che doveva essere breve, mi limitai all'indispensabile lasciando a Dio l'opportunità d'un momento più favorevole. Ho già esposto nel secondo scritto, il dubbio che mi tormentò dal 13 giugno al 13 luglio, e che in quest'apparizione svanì.

Bene. Il segreto consta di tre cose distinte, due delle quali sto per rivelare.

La prima dunque, fu la visione dell'inferno.

la Madonna ci mostrò un grande mare di fuo-co, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaven-tosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento. E grazie alla nostra buona Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la promessa di portarci in Cielo (nella prima apparizione), altrimenti credo che sarem-mo morti di spavento e di terrore.

In seguito alzammo gli occhi alla Madonna che ci disse con bontà e tristezza:

«Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole sta-bilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. la guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offende-re Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comin-cerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecu-zioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione ripara-trice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie ri-chieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, pro-movendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace ».

TERZA PARTE DEL «SEGRETO»

«J.MJ. la terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria-Fatima.

Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di sua Ecc.za Re~a il Signor Vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima Madre.

Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella ma-no sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che No-stra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: "qualcosa di simile a come si vedono le per-sone in uno specchio quando vi passano davanti" un Vescovo vestito di Bianco "abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre". Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei ca-daveri che incontrava nel suo cammino; giunto al-la cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e reli-giose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffia-toio di cristallo nella mano, nei quali raccoglieva-no il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. Tuy -1-1944».

INTERPRETAZIONE DEL « SEGRETO »
Lettera di GIOVANNI PAOLO Il a Suor Maria Lucia

Nel tripudio delle feste pasquali Le porgo l'au-gurio di Gesù Risorto al discepoli: «la pace sia con te!».

Sarò lieto di poterla incontrare nell' atteso giorno della beatificazione di Francesco e Giacinta che, a Dio piacendo proclamerò il 13 maggio p.v.

Siccome però in quel giorno non ci sarà il tem-po per un colloquio, ma solo per un breve saluto,
ho incaricato appositamente di venire a parlare con Lei Sua Eccellenza Monsignor Tarcisio Ber-tone, Segretario della Congregazione per la Dot-trina della Fede. E la Congregazione che collabora più strettamente col Papa per la difesa della vera fede cattolica, e che ha conservato, come Lei sa, dal 1957, la Sua lettera manoscritta contenen-te la terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria, Fatima.

Monsignor Bertone, accompagnato dal Vescovo di Leiria, Sua Eccellenza Monsignor Serafim de Sousa Ferreira e Silva, viene a mio nome per fare qualche domanda sull'interpretazione della «terza parte del segreto ».

Reverenda Suor Maria Lucia, parli pure aper-tamente e sinceramente a Monsignor Bertone, che riferirà direttamente a me le Sue risposte.

Prego ardentemente la Madre del Risorto per Lei, per la Comunità di Coimbra e per tutta la Chiesa. Maria, Madre dell'Umanità pellegrina, ci tenga sempre stretti a Gesù, Suo Figlio diletto e nostro Fratello, Signore della vita e della gloria.

Con una speciale benedizione apostolica.

GIOVANNI PAOLO Il

Vaticano, 19 aprile 2000.

COLLOQUIO AVUTO CON SUOR MARIA LUCIA DE JESUS
E DO CoRACAO IMACULADO

L'appuntamento di Suor Lucia con Sua Ecc.za Mons. Tarcisio Bertone, Segretario della Congr~ gazione per la Dottrina della Fede, incaricato dal Santo Padre, e Sua Ecc.za Mons. Serafim de Sousa Ferreira e Silva, Vescovo di Leiria-Fatima, è avvenuto giovedi 27 aprile u.s., nel Carmelo di Santa Teresa di Coimbra.

Suor Lucia era lucida e serena; era molto con-tenta dell' andata a Fatima del Santo Padre per la Beatificazione di Francesco e Giacinta, da lei tan-to attesa.

Il Vescovo di Leiria-Fatima lesse la lettera au-tografa del Santo Padre che spiegava i motivi del-la visita. Suor Lucia se ne senti onorata e la riles-se personalmente contemplandola nelle proprie mani. Si disse disposta a rispondere francamente a tutte le domande.

A questo punto Sua Ecc.za Mons. Tarcisio Ber-tone le presenta le due buste: quella esterna e quella con dentro la lettera contenente la terza parte del « segreto» di Fatima ed essa dice subito, toccandola con le dita: « è la mia carta», e poi leg-gendola: « è la mia scrittura».

Con l'aiuto del Vescovo di Leiria-Fatima, viene letto e interpretato il testo originale, che è in lin-gua portoghese. Suor Lucia condivide l'interpretazione secondo cui la terza parte del «segreto »consiste in una visione profetica, paragonabile a quelle della storia sacra. Essa ribadisce la sua convinzione che la visione di Fatima riguarda so-prattutto la lotta del comunismo ateo contro la Chiesa e i cristiani, e descrive 1' immane sofferen-za delle vittime della fede nel XX secolo.

Alla domanda: « Il personaggio principale del-la visione è il Papa?», Suor Lucia risponde subito di sì e ricorda che i tre pastorelli erano molto ad-dolorati della sofferenza del Papa e Giacinta ripeteva: « Coitadinho do Santo Padre, tenho muita pe-na dos pecadores!» (« Poverino il Santo Padre, ho molta pena per i peccatori! »). Suor Lucia conti-nua: « Noi non sapevamo il nome del Papa, la Si-gnora non ci ha detto il nome del Papa, non sape-vamo se era Benedetto XV o Pio XII o Paolo VI o Giovanni Paolo Il, però era il Papa che soffriva e faceva soffrire anche noi».

Quanto al passo concernente il Vescovo vesti-to di bianco, cioè il Santo Padre - come subito percepirono i pastorelli durante la « visione » che è colpito a morte e cade per terra, Suor Lucia condivide pienamente l'affermazione del Papa: « fu una mano materna a guidare la traiettoria del-la pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte » (Giovanni Paolo Il, Medita-zione dal Policlinico Gemelli ai Vescovi Italiani, 13 maggio 1994).

Poiché Suor Lucia, prima di consegnare all'al-lora Vescovo di Leiria-Fatima la busta sigillata contenente la terza parte del « segreto », aveva scritto sulla busta esterna che poteva essere aper-ta solo dopo il 1960, o dal Patriarca di Lisbona o dal Vescovo di Leiria, Sua Ecc.za Mons. Bertone le domanda: «perché la scadenza del 1960? E sta-ta la Madonna ad indicare quella data?». Suor Lucia risponde: «Non è stata la Signora, ma sono stata io a mettere la data del 1960 perché secondo la mia intuizione, prima del 1960 non si sarebbe capito, si sarebbe capito solo dopo. Ora si può ca-pire meglio. Io ho scritto ciò che ho visto, non spetta a me l'interpretazione, ma al Papa».

Infine viene menzionato il manoscritto non pubblicato che Suor Lucia ha preparato come n-sposta a tante lettere di devoti della Madonna e di pellegrini. Uopera reca il titolo « Os apelos da Mensagen de Fatima » e raccoglie pensieri e rifles-sioni ché esprimono i suoi sentimenti e la sua lim-pida e semplice spiritualità, in chiave catechistica e parenetica. Le è stato chiesto se era contenta che fosse pubblicato, ed ha risposto: «Se il Santo Padre è d'accordo, io sono contenta, altrimenti ob-bedisco a ciò che decide il Santo Padre ». Suor Lucia desidera sottoporre il testo all' approvazione dell'Autorità ecclesiastica, e nutre la speranza di contribuire con il suo scritto a guidare gli uomini e le donne di buona volontà nel cammino che con-duce a Dio, termine ultimo di ogni umana attesa.

Il colloquio si conclude con uno scambio di rosari: a Suor Lucia viene consegnato quello dona-to dal Santo Padre, ed ella, a sua volta, consegna alcuni rosari da lei personalmente confezionati.

la benedizione impartita a nome del Santo Padre chiude l'incontro.

Fatima, 13 maggio 2000.

COMMENTO TEOLOGICO

Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo « segreto » di Fatima, che dopo lungo tempo per disposizione del Santo Padre viene qui pubbli-cato nella sua interezza, resterà presumibilmente deluso o meravigliato dopo tutte le speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato. Vediamo la Chiesa dei martiri del secolo ora tra-scorso rappresentata mediante una scena descrit-ta con un linguaggio simbolico di difficile decifra-zione. E questo ciò che la Madre del Signore voleva comunicare alla cristianità, all' umanità in un tempo di grandi problemi e angustie? Ci è di aiuto all'inizio del nuovo millennio? Ovvero sono forse solamente proiezioni del mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?

Rivelazione pubblica e rivelazioni private - il loro luogo teologico
Prima di intraprendere un tentativo di inter-pretazione, le cui linee essenziali si possono tro-vare nella comunicazione che il Cardinale Soda-no ha pronunciato il 13 maggio di quest'anno alla fine della celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre a Fatima, sono necessarie alcune chiarificazioni di fondo circa il modo in cui, secondo la dottrina della Chiesa, devono essere compresi all'interno della vita di fede fenomeni come quello di Fatima. L'insegnamento della Chiesa distingue fra la « rivelazione pubblica » e le « rivelazioni private ». Fra le due realtà vi è una differenza non solo di grado ma di essenza. Il ter-mine « rivelazione pubblica » designa l'azione ri-velativa di Dio destinata a tutta quanta l'umanità, che ha trovato la sua espressione letteraria nelle due parti della Bibbia: l'Antico ed il Nuovo Testa-mento. Si chiama « rivelazione », perché in essa Dio si è dato a conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uo-mo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio incarnato Gesù Cri-sto. Non si tratta quindi di comunicazioni intellet-tuali, ma di un processo vitale, nel quale Dio si av-vicina all'uomo; in questo processo poi natural-mente si manifestano anche contenuti che inte-ressano l'intelletto e la comprensione del mistero di Dio. Il processo riguarda l'uomo tutto intero e così anche la ragione, ma non solo essa. Poiché Dio è uno solo, anche la storia, che egli vive con l'umanità, è unica, vale per tutti i tempi ed ha trovato il suo compimento con la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. In Cristo Dio ha det-to tutto, cioè se stesso, e pertanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento. Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, per spiegare questa definitività e completez-za della rivelazione, un testo di san Giovanni del-la Croce: «Dal momento in cui ci ha donato il Fi-glio suo, che è la sua unica e definitiva parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola... Infatti quello che un giorno diceva par-zialmente ai profeti, l'ha detto tutto nel suo Fi-glio... Perciò chi volesse ancora interrogare il Si-gnore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità» (CCC 65, 5. Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, Il, 22).

Il fatto che l'unica rivelazione di Dio rivolta a tutti i popoli è conclusa con Cristo e con la testi-monianza a lui resa nei libri del Nuovo Testa-mento vincola la Chiesa all'evento unico della st(> ria sacra e alla parola della Bibbia, che garantisce e interpreta questo evento, ma non significa che la Chiesa ora potrebbe guardare solo al passato e sarebbe così condannata ad una sterile ripetizione. Il CCC dice al riguardo: .... anche se la Ri-velazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli» (n. 66). I due aspetti del vincolo con l'unicità dell'evento e del progresso nella sua comprensione sono molto bene illustrati nei discorsi d'addio del Signore, quando egli congedandosi dice ai di-scepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi gui-derà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé... Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Gv 16,12-14). Da una parte, lo Spirito fa da guida e cosi dischiude una conoscen-za, per portare il peso della quale prima mancava il presupposto - è questa l'ampiezza e la profon-dità mal conclusa della fede cristiana. Dall'altra parte, questo guidare è un « prendere » dal tesoro di Gesù Cristo stesso, la cui profondità inesauribi-le si manifesta in questa conduzione ad opera del-lo Spirito. Il Catechismo cita al riguardo una profonda parola di Papa Gregorio Magno: « Le pa-role divine crescono insieme con chi le legge» (CCC 94, 5. Gregorio, in Ez 1,7,8). Il Concilio Vaticano Il indica tre vie essenziali, in cui si rea-lizza la guida dello Spirito Santo nella Chiesa e quindi la « crescita della Parola»: essa si compie per mezzo della meditazione e dello studio dei f~ deli, per mezzo della profonda intelligenza, che deriva dall'esperienza spirituale e per mezzo della predicazione di coloro « i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità» (Dei Verbum, 8).

In questo contesto diviene ora possibile in-tendere correttamente il concetto di « rivelazio-ne privata», che si riferisce a tutte le visioni e ri-velazioni che si verificano dopo la conclusione del Nuovo Testamento; quindi è la categoria, al- l'interno della quale dobbiamo collocare il mes-saggio di Fatima. Ascoltiamo ancora al riguardo innanzitutto il CCC: «Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate "private", alcune delle quali sono state riconosciute dall' autorità della Chiesa... Il loro ruolo non è (quello... di "completare" la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determi-nata epoca storica » (n. 67) Vengono chiarite due cose:

1. Lautorità delle rivelazioni private è essen-zialmente diversa dall'unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa Dio stesso parla a noi. La fede in Dio e nella sua Parola si distingue da ogni altra fede, fiducia, opinione umana. La certezza che Dio parla mi dà la sicurezza che in-contro la verità stessa e cosi una certezza, che non può verificarsi in nessuna forma umana di conoscenza. E la certezza, sulla quale edifico la mia vita e alla quale mi affido morendo.

2. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio per-ché mi rimanda all'unica rivelazione pubblica. Il Cardinale Prospero Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV dice al riguardo nel suo trattato clas-sico, divenuto poi normativo sulle beatificazioni e canonizzazioni: «Un assentimento di fede cattoli-ca non è dovuto a rivelazioni approvate in tal modo; non è neppure possibile. Queste rivelazioni domandano piuttosto un assentimento di fede umana conforme alle regole della prudenza, che ce le presenta come probabili e piamente credibi-li». Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sintetica-mente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il mes-saggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pub-blico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione (E. Dhanis, Sguardo su Fatima e bilancio di una discussione, in: La Civiltà Cattolica 104, 1953 Il, pp. 392406, in particolare 397). Un tale messaggio può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell'ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. E un aiuto, che è offerto, ma del qua-le non è obbligatorio fare uso.

Il criterio per la verità ed il valore di una rive-lazione privata è pertanto il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all'interno del Vangelo e non fuori di esso. Ciò non esclude che una rivelazione privata pon-ga nuovi accenti, faccia emergere nuove forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di anti-che. Ma in tutto questo deve comunque trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e del-la carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza. Possiamo aggiungere che le rivela-zioni private sovente provengono innanzitutto dalla pietà popolare e su di essa si riflettono, le danno nuovi impulsi e dischiudono per essa nuo-ve forme. Ciò non esclude che esse abbiano ef-fetti anche nella stessa liturgia, come ad esem-pio mostrano le feste del Corpus Domini e del Sacro Cuore di Gesù. Da un certo punto di vista nella relazione fra liturgia e pietà popolare si de-linea la relazione fra Rivelazione e rivelazioni pri-vate: la liturgia è il criterio, essa è la forma vitale della Chiesa nel suo insieme nutrita direttamen-te dal Vangelo. La religiosità popolare significa che la fede mette radici nel cuore dei singoli po-poli, così che essa viene introdotta nel mondo della quotidianità. La religiosità popolare è la pri-ma e fondamentale forma di «inculturazione »della fede, che si deve continuamente lasciare orientare e guidare dalle indicazioni della litur-gia, ma che a sua volta feconda la fede a partire dal cuore.
Siamo così già passati dalle precisazioni piut-tosto negative, che erano innanzitutto necessa-rie, alla determinazione positiva delle rivelazioni private: come si possono classificare in modo corretto a partire dalla Scrittura? Qual è la loro categoria teologica? La più antica lettera di san Paolo che ci è stata conservata, forse il più antico scritto in assoluto del Nuovo Testamento, la pri-ma lettera ai Tessalonicesi, mi sembra offrire un'indicazione. l'apostolo qui dice: «Non spe-gnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esa-minate ogni cosa, tenete ciò che è buono » (5, 1~ 21). In ogni tempo è dato alla Chiesa il carisma della profezia, che deve essere esaminato, ma che anche non può essere disprezzato. Al riguar-do occorre tener presente che la profezia nel sen-so della Bibbia non significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro. Colui che pr~ dice l'avvenire viene incontro alla curiosità della ragione, che desidera squarciare il velo del futu-ro; il profeta viene incontro alla cecità della vo-lontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio come esigenza ed indicazione per il presente. l'importanza della predizione del futuro in qu~ sto caso è secondaria. Essenziale è l'attualizza-zione dell'unica rivelazione, che mi riguarda profondamente: la parola profetica è avvertimen-to o anche consolazione o entrambe insieme. In questo senso si può collegare il carisma della profezia con la categoria dei « segni del tempo », che è stata rimessa in luce dal Vaticano Il: «... Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,56). Per «segni del tempo » in questa parola di Gesù si deve intendere il suo proprio cammino, egli stesso. Interpretare i segni del tempo alla lu-ce della fede significa riconoscere la presenza di Cristo in ogni tempo. Nelle rivelazioni private ri-conosciute dalla Chiesa - quindi anche in Fatima - si tratta di questo: aiutarci a comprendere i segni del tempo ed a trovare per essi la giusta ri-sposta nella fede.

La struttura antropologica delle rivelazioni private

Dopo che con queste riflessioni abbiamo cer-cato di determinare il luogo teologico delle rivelazioni private, prima di impegnarci in un'inter-pretazione del messaggio di Fatima, dobbiamo ancora brevemente cercare di chiarire un poco il loro carattere antropologico psicologico). l'an-tropologia teologica distingue in questo ambito tre forme di percezione o «visione »: la visione con i sensi, quindi la percezione esterna corporea, la percezione interiore e la visione spirituale (vi-sio sensibilis - imaginativa - intellectualis). è chia-ro che nelle visioni di Lourdes, Fatima, ecc. non si tratta della normale percezione esterna dei sensi: le immagini e le figure, che vengono vedute, non si trovano esteriormente nello spazio, come vi si trovano ad esempio un albero o una casa. Ciò èdel tutto evidente, ad esempio, per quanto riguar-da la visione dell'inferno (descritta nella prima parte del « segreto » di Fatima) o anche la visione descritta nella terza parte del « segreto », ma si può dimostrare molto facilmente anche per le al-tre visioni, soprattutto perché non tutti i presenti le vedevano, ma di fatto solo i «veggenti ». Così pure è evidente che non si tratta di una «visione »intellettuale senza immagini, come essa si trova negli alti gradi della mistica. Quindi si tratta della categoria di mezzo, la percezione interiore, che certamente ha per il veggente una forza di pr~ senza, che per lui equivale alla manifestazione esterna sensibile.

Vedere interiormente non significa che si trat-ta di fantasia, che sarebbe solo un' espressione dell'immaginazione soggettiva. Piuttosto significa che l'anima viene sfiorata dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace di vedere il non sensibile, il non visibile ai sensi -una visione con i « sensi interni ». Si tratta di veri « oggetti », che toccano l'anima, sebbene essi non appartengano al nostro abituale mondo sensibile. Per questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c'e a motivo della forte pres-sione delle realtà esterne e delle immagini e pen-sieri che riempiono l'anima. La persona viene condotta al di là della pura esteriorità e dimensioni più profonde della realtà la toccano, le si rendono visibili. Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari preferiti di ta-li apparizioni: l'anima è ancora poco alterata, la sua capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata. « Dalla bocca dei bambini e dei lattan-ti hai ricevuto lode», risponde Gesù con una frase del Salmo 8 (v~ 3) alla critica dei Sommi Sacerdoti e degli anziani, che trovavano inopportuno il gri-do di osanna dei bambini (Mt 21,16).
La « visione interiore » non è fantasia, ma una vera e propria maniera di verificare, abbiamo det-to. Ma comporta anche limitazioni. Già nella vi-sione esteriore è sempre coinvolto anche il fatto-re soggettivo: non vediamo l'oggetto puro, ma esso giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sen-si, che devono compiere un processo di traduzione. Ciò è ancora più evidente nella visione inte-riore, soprattutto allorché si tratta di realtà, che oltrepassano in se stesse il nostro orizzonte. Il soggetto, il veggente, è coinvolto in modo ancora più forte. Egli vede con le sue possibilità concr~ te, con le modalità a lui accessibili di rappresenta-zione e di conoscenza. Nella visione interiore si tratta in modo ancora più ampio che in quella esteriore di un processo di traduzione, così che il soggetto è essenzialmente compartecipe del for-marsi, come immagine, di ciò che appare. l'im-magine può arrivare solo secondo le sue misure e le sue possibilità. Tali visioni pertanto non sono mai semplici « fotografie» dell' aldilà, ma portano in sé anche le possibilità ed i limiti del soggetto che percepisce.

Ciò lo si può mostrare in tutte le grandi visioni dei santi; naturalmente vale anche per le visioni dei bambini di Fatima. Le immagini da essi deli-neate non sono affatto semplice espressione del-la loro fantasia, ma frutto di una reale percezione di origine superiore ed interiore, ma non sono neppure da immaginare come se per un attimo il velo dell' aldilà venisse tolto ed il cielo nella sua pura essenzialità apparisse, così come un giorno noi speriamo di vederlo nella definitiva unione con Dio. Le immagini sono piuttosto, per così di-re, una sintesi dell'impulso proveniente dall'Alto e delle possibilità per questo disponibili del sog-getto che percepisce, cioè dei bambini. Per questo motivo il linguaggio immaginifico di queste visioni è un linguaggio simbolico. Il Cardinal Sodano dice al riguardo: .... non descrivono in senso fotografico i dettagli degli avvenimenti fu-turi, ma sintetizzano e condensano su un medesi-mo sfondo fatti che si distendono nel tempo in una successione e in una durata non precisate ». Questo addensamento di tempi e spazi in un'uni-ca immagine è tipica per tali visioni, che per lo più possono essere decifrate solo a posteriori. Non ogni elemento visivo deve, al riguardo, av~ re un concreto senso storico. Conta la visione come insieme, e a partire dall'insieme delle imma-gini devono essere compresi i particolari. Quale sia il centro di un'immagine, si svela ultimamen-te a partire da ciò che è il centro della « profezia »cristiana in assoluto: il centro è là dove la visione diviene appello e guida verso la volontà di Dio.

Un tentativo di interpretazione del « segreto » di Fatima

La prima e la seconda parte del « segreto » di Fatima sono già state discusse così ampiamente dalla letteratura relativa, che non devono qui es-sere illustrate ancora una volta. Vorrei solo brevemente richiamare l'attenzione sul punto più si-gnificativo. I bambini hanno sperimentato per la durata di un terribile attimo una visione dell'in-ferno. Hanno veduto la caduta delle « anime dei poveri peccatori ». Ed ora viene loro detto perché sono stati esposti a questo istante: per « salvarle » - per mostrare una via di salvezza. viene in men-te la frase della prima lettera di Pietro: « meta del-la vostra fede è la salvezza delle anime » (1,9). Come via a questo scopo viene indicato - in modo sorprendente per persone provenienti dall'ambi-to culturale anglosassone e tedesco -: la devo-zione al Cuore Immacolato di Maria. Per capire questo può bastare qui una breve indicazione. «Cuore» significa nel linguaggio della Bibbia il centro dell'esistenza umana, la confluenza di ra-gione, volontà, temperamento e sensibilità, in cui la persona trova la sua unità ed il suo orientamen-to interiore. Il « cuore immacolato » è second9 Mt 5,8 un cuore, che a partire da Dio è giunto ad una perfetta unità interiore e pertanto «vede Dio». « Devozione » al Cuore Immacolato di Maria per-tanto è avvicinarsi a questo atteggiamento del cuore, nel quale il flat - « sia fatta la tua volontà» - diviene il centro informante di tutta quanta l'esistenza. Se qualcuno volesse obiettare che non dovremmo però frapporre un essere umano fra noi e Cristo, allora si dovrebbe ricordare che Pao-lo non ha timore di dire alle sue comunità: imita-temi (iCor 4,16; Fu 3,17; lTs 1,6; ~Fs 3,7.9). Nel-l'apostolo esse possono verificare concretamente che cosa significa seguire Cristo. Da chi però noi potremmo in ogni tempo imparare meglio se non dalla Madre del Signore?

Arriviamo così finalmente alla terza parte del « segreto » di Fatima qui per la prima volta pubblicato integralmente. Come emerge dalla docu-mentazione precedente, l'interpretazione, che il Cardinale Sedano ha offerto nel suo testo del 13 maggio, è stata dapprima presentata personal-mente a Suor Lucia. Suor Lucia al riguardo ha innanzitutto osservato che ad essa era stata data la visione, ma non la sua interpretazione. l'interpre-tazione, diceva, non compete al veggente, ma alla Chiesa. Essa però dopo la lettura del testo ha det-to che questa interpretazione corrispondeva a quanto essa aveva sperimentato e che essa da parte sua riconosceva questa interpretazione c<> me corretta. In quanto segue quindi si potrà solo cercare di dare un fondamento in maniera a~ profondita a questa interpretazione a partire dai criteri finora sviluppati.

Come parola chiave della prima e della secon-da parte del « segreto » abbiamo scoperto quella di « salvare le anime», così la parola chiave di questo « segreto » è il triplice grido: « Penitenza, Penitenza, Penitenza!». Ci ritorna alla mente l'inizio del Vangelo: «paenitemini et credite evangelio »~c 1,15). Comprendere i segni del tempo signi-fica: comprendere l'urgenza della penitenza - del-la conversione - della fede. Questa è la risposta giusta al momento storico, che è caratterizzato da grandi pericoli, i quali verranno delineati nelle im-magini successive. Mi permetto di inserire qui un ricordo personale; in un colloquio con me Suor Lucia mi ha detto che le appariva sempre più chia-ramente come lo scopo di tutte quante le appari-zioni sia stato quello di far crescere sempre più nella fede, nella speranza e nella carità - tutto il resto intendeva solo portare a questo.
Esaminiamo ora un poco più da vicino le sin-gole immagini. l'angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini dell'Apocalisse. Esso rappresenta la mi-naccia del giudizio, che incombe sul mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incene-rito in un mare di fiamme, oggi non appare assolutamente più come pura fantasia: l'uomo stesso ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco. La visione mostra poi la forza che si contrappone al potere della distruzione - lo splendore della Madre di Dio, e, proveniente in un certo modo da questo, l'appello alla penitenza. In tal modo viene sottolineata l'importanza della libertà dell'uomo: il futuro non è affatto determinato in modo immutabile, e l'immagine, che i bambini vi-dero, non è affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe più essere cambiato. Tutta quanta la visione avviene in realtà solo per richiamare sullo scenario la libertà e per volgerla in una direzione positiva. Il senso della visione non è quindi quello di mostrare un film sul futuro irrimediabilmente fissato. Il suo senso è esatta-mente il contrario, quello di mobilitare le forze del cambiamento in bene. Perciò sono totalmen-te fuorvianti quelle spiegazioni fatalistiche del « segreto », che ad esempio dicono che l'attenta-tore del 13 maggio 1981 sarebbe stato in definiti-va uno strumento del piano divino guidato dalla Provvidenza e che pertanto non avrebbe potuto agire liberamente, o altre idee simili che circola-no. La visione parla piuttosto di pericoli e della via per salvarsi da essi.

Le frasi seguenti del testo mostrano ancora una volta molto chiaramente il carattere simbolico della visione: Dio rimane l'incommensurabile e la luce che supera ogni nostra visione. Le per-sone umane appaiono come in uno specchio. Dobbiamo tenere continuamente presente questa limitazione interna della visione, i cui confini vengono qui visivamente indicati. Il futuro si mostra solo « come in uno specchio, in maniera con-fusa» (cfr iCor 13,12). Prendiamo ora in consi-derazione le singole immagini, che seguono nel testo del « segreto». Il luogo dell'azione viene descritto con tre simboli: una ripida montagna, una grande città mezza in rovina e finalmente una grande croce di tronchi grezzi. Montagna e città simboleggiano il luogo della storia umana: la storia come faticosa ascesa verso l'alto, la storia come luogo dell'umana creatività e convivenza, ma allo stesso tempo come luogo delle distruzioni, nelle quali l'uomo annienta l'opera del suo proprio lavoro. La città può essere luogo di comu-nione e di progresso, ma anche luogo del perico-lo e della minaccia più estrema. Sulla montagna sta la croce - meta e punto di orientamento della storia. Nella croce la distruzione è trasformata in salvezza; si erge come segno della miseria della storia e come promessa per essa.

Appaiono poi qui delle persone umane: il vescovo vestito di bianco (« abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre »), altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e finalmente uomini e donne di tutte le classi e gli strati socia-li. Il Papa sembra precedere gli altri, tremando e soffrendo per tutti gli orrori, che lo circondano. Non solo le case della città giacciono mezze in rovina - il suo cammino passa in mezzo ai cadaveri dei morti. La via della Chiesa viene cosi descritta come una Via Crucis, come un cammino in un tempo di violenza, di distruzioni e di persecuzio-ni. Si può trovare raffigurata in questa immagine la storia di un intero secolo. Come i luoghi della terra sono sinteticamente raffigurati nelle due im-magini della montagna e della città e sono orien-tati alla croce, così anche i tempi sono presentati in modo contratto: nella visione noi possiamo ri-conoscere il secolo trascorso come secolo dei martiri, come secolo delle sofferenze e delle per-secuzioni della Chiesa, come il secolo delle guer-re mondiali e di molte guerre locali, che ne hanno riempito tutta la seconda metà ed hanno fatto spe-rimentare nuove forme di crudeltà. Nello « spec-chio » di questa visione vediamo passare i testi-moni della fede di decenni. Al riguardo sembra opportuno menzionare una frase della lettera che Suor Lucia scrisse al Santo Padre il 12 maggio 1982: « la terza parte del "segreto" si riferisce alle parole di Nostra Signora: "Se no (1a Russia) spar-gerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saran-no martirizzati, il Santo Padre avrà molto da sof-frire, varie nazioni saranno distrutte"».

Nella via Crucis di un secolo la figura del Papa ha un ruolo speciale. Nel suo faticoso salire sulla montagna possiamo senza dubbio trovare richia-mati insieme diversi Papi, che cominciando da Pio X fino all'attuale Papa hanno condiviso le sofferenze di questo secolo e si sono sforzati di procedere in mezzo ad esse sulla via che porta alla croce. Nella visione anche il Papa viene ucciso sulla strada dei martiri. Non doveva il Santo Padre, quando dopo l'attentato del 13 maggio 1981 si fe-ce portare il testo della terza parte del « segreto », riconoscervi il suo proprio destino? Egli era stato molto vicino alla frontiera della morte ed egli stes-so ha spiegato la sua salvezza con le seguenti pa-role: .... fu una mano materna a guidare la traiet-toria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte» (13 maggio 1994). Che qui una « mano materna » abbia deviato la pallot-tola mortale, mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile, che fede e preghiera sono potenze, che possono influire nella storia e che alla fine la preghiera è più forte dei proiettili, la fede più potente delle divisioni.
La conclusione del « segreto » ricorda immagi-ni, che Lucia può avere visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede. E una visione consolante, che vuole rendere per-meabile alla potenza risanatrice di Dio una storia di sangue e lacrime. Angeli raccolgono sotto i bracci della croce il sangue dei martiri e irrigano così le anime, che si avvicinano a Dio. Il sangue di Cristo ed il sangue dei martiri vengono qui consi-derati insieme: il sangue dei martiri scorre dalle braccia della croce. Il loro martirio si compie in solidarietà con la passione di Cristo, diventa una cosa sola con essa. Essi completano a favore del corpo di Cristo, ciò che ancora manca alle sue sof-ferenze (cfr. Col 1,24). La loro vita è divenuta essa stessa eucaristia, inserita nel mistero del chicco di grano che muore e diventa fecondo. Il sangue dei martiri è seme di cristiani, ha detto Tertullia-no. Come dalla morte di Cristo, dal suo costato aperto, è nata la Chiesa, cosi la morte dei testimoni è feconda per la vita futura della Chiesa. La vi-sione della terza parte del « segreto », così angu-stiante al suo inizio, si conclude quindi con una immagine di speranza: nessuna sofferenza è vana, e proprio una Chiesa sofferente, una Chiesa dei martiri, diviene segno indicatore per la ricerca di Dio da parte dell'uomo. Nelle amorose mani di Dio non sono accolti soltanto i sofferenti come Lazzaro, che trovò la grande consolazione e mi-steriosamente rappresenta Cristo, che volle divenire per noi il povero Lazzaro; vi è qualcosa di più: dalla sofferenza dei testimoni deriva una forza di purificazione e di rinnovamento, perché essa è at-tualizzazione della stessa sofferenza di Cristo e trasmette nel presente la sua efficacia salvifica.

Siamo così giunti ad un'ultima domanda: Che cosa significa nel suo insieme (nelle sue tre parti) il « segreto » di Fatima? Che cosa dice a noi? Innanzitutto dobbiamo affermare con il Cardinale Sodano: .... le vicende a cui fa riferimento la terza parte del "segreto" di Fatima sembrano ormai appartenere al passato». Nella misura in cui singoli eventi vengono rappresentati, essi ormai appartengono al passato. Chi aveva atteso eccitanti rivelazioni apocalittiche sulla fine del mondo o sul fu-turo corso della storia, deve rimanere deluso. Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cri-stiana non vuole e non può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l'abbiamo visto subito all'inizio delle nostre riflessioni sul testo del « segreto »: l'esortazione alla preghiera come via per la « salvezza delle anime » e nello stesso senso il richiamo alla penitenza e alla conversione.

Vorrei alla fine riprendere ancora un'altra pa-rola chiave del « segreto » divenuta giustamente famosa: « il Mio Cuore Immacolato trionferà». Che cosa significa? Il Cuore aperto a Dio, purifi-cato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie. Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha cambiato la storia del mondo, perché essa ha introdotto in questo mondo il Salvatore - perché grazie a questo « Sì» Dio poteva diventare uomo nel nostro spazio e tale ora rimane per sempre. Il maligno ha potere in questo mondo, lo vediamo e lo sperimentiamo continuamente; egli ha potere, perché la nostra li-bertà si lascia continuamente distogliere da Dio. Ma da quando Dio stesso ha un cuore umano ed ha così rivolto la libertà dell'uomo verso il bene, verso Dio, la libertà per il male non ha più l'ultima parola. Da allora vale la parola: « Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Il messaggio di Fatima ci invita ad affidarci a questa promessa.

JOSEPH CARD. RATZINGER

Prefetto della Congregazione perla Dottrina della Fede