signummagnum
1871

Un Venerabile contro le Sette massoniche [figura stupenda ma sconosciuta...]

La vita di Lanteri, nato a Cuneo nel 1759 e quivi morto nel 1830, fu definita «un atto di costante fortezza» (1): la fortezza di un uomo che, trovatosi a vivere in un tornante tempestoso della storia d’Europa, scelse la strada della lotta a oltranza contro la Rivoluzione dilagante. Sacerdote a ventitré anni, intuendo perfettamente l’importanza della Rivoluzione nelle idee, si votò interamente all’apostolato intellettuale, animando la resistenza della Amicizia Cristiana, la società segreta fondata a questo fine dal padre Nikolaus Albert von Diessbach tra il 1779 e il 1780, a Torino, e di qui rapidamente diffusasi a Milano, Firenze, Friburgo, Vienna, Parigi, Varsavia (2). Si trattava di una battaglia delle idee che aveva i suoi strumenti privilegiati nei libri, nei giornali, negli opuscoli, nei fogli volanti che Lanteri, aiutato da un ristretto gruppo di collaboratori, diffuse a migliaia ben oltre i confini del Piemonte. Addottoratosi in teologia, Lanteri si teneva in contatto costante con i librai e i tipografi di tutta Europa, aggiornando continuamente la sua vastissima biblioteca privata e diffondendo tempestivamente opuscoli e dissertazioni contro tutti gli errori del tempo. «Conoscere, denunciare gli errori, i vizi che regnano in una città, in una contrada, porvi rimedio, combatterli col propagare l’istruzione, la verità, ecco in che s’impiegano le nostre cure» (3).

Anche quando l’Amicizia Cristiana, nel 1817, si trasformò in Amicizia Cattolica, abolendo il segreto non più giustificato dal clima della Restaurazione, l’attività principale di Lanteri e dei suoi collaboratori restò la distribuzione gratuita di libri preferibilmente «di poco volume ma forti per ragionamento e per unzione» (4). «Negli otto anni di vita dell’Amicizia – scriveva nel 1825 l’«amico» Cesare d’Azeglio al Barbaroux – sono centinaia di migliaia i volumi che abbiamo diffuso: superano i diecimila i mandati in America» (5). «Il nostro fine – scriveva a sua volta l’«amico» Joseph de Maistre – è precisamente la controparte della funesta propaganda del secolo scorso, e […] noi siamo assolutamente sicuri di non ingannarci facendo per il bene proprio ciò che essa ha fatto per il male con un così deplorevole successo» (6).

Non diversa fu la missione che Lanteri riservò ai suoi Oblati. «Si impegnino – scriveva Leone XII approvandone l’istituzione – a diffondere la lettura dei libri di sana e utile dottrina, a spargerli e farli circolare, per impedire i gravi danni che temiamo vengano portati dalla colluvie di libri cattivi che inonda il mondo intero» (7).

* * *

Non basta però definire Lanteri primo organizzatore culturale del movimento cattolico; occorre chiedersi quali furono le linee e i contenuti concreti della sua battaglia delle idee. I documenti, per chi voglia conoscerli, fortunatamente non mancano. Infatti, non solo conserviamo i suoi scritti, in gran parte inediti, ma anche quella che potremmo definire la «selezione libraria» dell’Amicizia Cattolica, il catalogo cioè, continuamente arricchito e aggiornato, dei libri diffusi, suddivisi in più classi e categorie, secondo le materie e «i bisogni delle anime». Ed è sufficiente scorrere l’elenco degli autori e dei titoli per avere un’idea più chiara delle coordinate del suo apostolato intellettuale.

Lanteri alimentò innanzitutto la sua battaglia delle idee alle fonti spirituali ignaziane (8), attingendo, nell’ambito di questo filone, a quella vena, arricchitasi del contributo della riforma francese postridentina, espressa da autori come Lallemant, Rigoleuc, Huby, Colombière. Diffuse opere come il Combattimento spirituale dello Scupoli e il Direttorio ascetico dello Scaramelli; gli scritti di san Francesco di Sales, santa Giovanna di Chantal, san Giovanni della Croce, santa Teresa; le Vite di sant’Ignazio, san Vincenzo de’ Paoli, santa Maria Maddalena, santa Caterina da Genova, traducendo in questi punti centrali la spiritualità delle Amicizie: frequenza ai sacramenti, devozione al Sacro Cuore e alla Madonna, adorazione eucaristica, catechismo, opere di misericordia, esercizi di sant’Ignazio.

Contro il veleno giansenista Lanteri, oltre le opere dei più agguerriti polemisti della scuola teologica romana quali Mazzarelli, Mozzi, Bolgeni, Mamachi, Anfossi, Zaccaria, usò l’efficacissimo antidoto delle Opere di sant’Alfonso de’ Liguori, cogliendone tra i primi l’eccezionale importanza nel campo della teologia morale (9). «Attaccatevi al Liguori, al Liguori», diceva. «Se si vuol fare del bene alle anime bisogna che ci appigliamo alla dottrina di questo autore: bisogna rivestirsi del suo spirito, se vogliamo portare anime a Dio, Oh! Benedetta la dottrina di questo Vescovo, e benedetto il Signore che in questi tempi ci diede un uomo che è tanto secondo il suo cuore» (10).

Confutò con altrettanto vigore i germi di liberalismo presenti nel gallicanesimo, ponendo come fine ai suoi Oblati di combattere «gli errori correnti contro la Religione, e ‘l Trono» (11). Si industriò di «cercar subito ogni mezzo per tentar d’impedire, per quanto sarà possibile, che si adotti dal Sovrano qualche specie di Costituzione […]» (12). « La ragione di questa mia proposizione – scrisse – si è che non può questa adottarsi veruna Costituzione senza che si adotti espressamente o implicitamente il principio della Sovranità del popolo, che è il principio favorito de’ protestanti, de’ filosofi, de’ Giansenisti i quali, come buoni seguaci ed amici di Richerio, Febronio, Van Espen, e simili Santi Padri di questi tempi, s’estendono fin sulla Chiesa» (13). «Principio, finalmente, – aggiungeva – che, se si lascia dominare, cagionerà presto la desolazione dell’universo» (14).

Non solo lodò le «egregie dottrine» del conte Joseph de Maistre (15) condividendone la diagnosi sull’essenza satanica della Rivoluzione, ma credette, con Barruel (16), all’esistenza di una vera e propria cospirazione, sotto la regia preternaturale del demonio, per distruggere, se possibile, dalle fondamenta la Chiesa cattolica: «Dappoichè un’empietà sistematica nata da principi non men falsi che rei, promossa dagli eretici degli ultimi secoli, si è riunita alle loro Sette per far la guerra alla Chiesa Cattolica, ed al Trono, gli errori e i vizi, hanno fatto troppo rapidi progressi. Non vi è contrada in Europa, ove non vi abbia portato funeste stragi […]» (17).

* * *

Lanteri non si limitò a una confutazione dottrinale degli errori del tempo. Ne vide l’infiltrazione nel mondo cattolico e ne denunciò apertamente lo scandalo, come quando volle portare il suo attacco nel cuore della facoltà teologica dell’Università di Torino, ganglio infetto della vita culturale piemontese della Restaurazione. Lanteri denunciò così alla Santa Sede gli errori professati dalla cattedra e per iscritto da esponenti della cultura teologica torinese come il professor Gian Giulio Sineo della Torre, direttore spirituale dell’università, il quale «recitò nel 1807, nell’università di Torino, un’orazione, che stampò corredata di varie note, nelle quali trovasi insinuato il richerismo, tolerantismo ed altri gravissimi errori» (18); don Michele Gautier, filippino dell’Oratorio di Savigliano e poi di Torino, «promotore principale del giansenismo […] autore di più libri e libercoli giansenistici, degni tutti dell’indice» (19); il professore di teologia Francesco Maria Salina, di cui denunciò come infetto di calvinismo e giansenismo il trattato De Gratia adottato dall’Università nel 1817 (20); l’avvocato Michele Bessone, professore di storia ecclesiastica, il quale «insegna parecchie novità ed errori» (21); il teologo Evasio Secondo Agadino, «caldo per sostenere le quattro proposizioni del 1682» (22), e così via.

Ardente seguace del principio di autorità, proprio per il suo amore alla Chiesa di Roma, Lanteri non temè di stanare gli errori annidati ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche, attaccando duramente falsi pastori come il Vescovo di Vercelli Giuseppe Tardì, «in relazione con tutti i giansenisti del paese e loro confidente protettore» (23); il vescovo di Acqui Giovanni Francesco Toppia, che «permetteva che si studiasse la teologia di Lione, che trovavasi all’indice» (24); il vescovo di Piacenza Pietro Bernando Marentini, «in intima relazione coi più famosi giansenisti, particolarmente col vescovo di Pavia, il quale dicesi carteggiare con monsignor Grégoire, vescovo intruso dei più famosi della Francia» (25); «tutti e tre assieme i suddetti vescovi prestarono a Parigi nelle mani dell’imperatrice il giuramento di fedeltà colle insegne episcopali» (26).

Condannare gli errori, aggiungeva Lanteri, non serve, se le condanne non vengono continuamente ripetute e fatte conoscere in tutti i modi, perché se «non si conoscono le suddette pontificie condanne, non verranno mai pienamente conosciuti e contraddetti codesti attuali nemici della Chiesa, i quali senza alcun bisogno o di forzata interpretazione o di appello potranno allora tanto più in pace e con facilità propagare nell’istessa Chiesa i loro errori, di cui sono fecondi a differenza degli altri eretici, agli errori de’ … quali neppur si fa attenzione, perchè si sa che sono da noi separati; anzi seconderanno ancora le loro viste con non far caso, come essi, nè delle pontificie costituzioni, né della autorità donde procedono, e così in breve tempo diverremo tutti infetti dello stesso spirito, e potrà il nostro paese forse con maggiore verità applicarsi il detto di S. Gerolamo, adattato ai tempi ed errori, et ingemiscens orbis terrarum se arianum esse miratus est» (27).

* * *

Intravedeva Lanteri l’arianesimo dei nostri tempi, il modernismo, «sintesi di tutte le eresie» (28), infiltrato, a scandalo di innumerevoli anime, fino ai vertici della santa Chiesa? E come avrebbe giudicato i silenzi, le omissioni, le complicità, se non l’aperta collaborazione, di tanti pastori con quella setta comunista, che «per la prima volta nella storia» ci offre la terrificante immagine di «una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dell’uomo contro tutto ciò che è divino?» (29).

Di certo, la battaglia che egli iniziò non è conclusa e identici ne rimangono i poli, anche se purificati e radicalizzati dall’apocalittico aggravarsi di una situazione in cui «il centro, il punto più sensibile e più veramente decisivo della lotta tra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione si è spostato dalla società temporale a quella spirituale, e si identifica con la santa Chiesa, nella quale si affrontano da un lato progressisti, cripto-comunisti e filocomunisti e dall’altro antiprogressisti e anticomunisti» (30).

Questa lotta sembra avere in questo momento, in Italia, il suo conteso avamposto. Ma se Gramsci traccia gli ultimi passaggi di un processo plurisecolare che ha avuto le sue cadenze storiche nel Rinascimento e nel Risorgimento, prima di trovare la sua sinistra conclusione nella Rivoluzione comunista, Lanteri indica ancora oggi la via per quella vittoriosa Contro-Rivoluzione cattolica che non sarà follia ritenere riservata un giorno anche al nostro popolo.

«Portae inferi non praevalebunt. Per ora il Signore vorrà da noi il combattimento e non ancora la vittoria, ma quanto meno lo penseremo vedremo risorgere la luce…» (31).

Di Roberto de Mattei

Note:

(1) Cfr. Pinerolien. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii Brunonis Lanteri Fundatoris Congregationis Oblatorum M.V., Positio super introductione causae et super virtutibus ex officio compilata, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano 1945 (a cura di A.P. Frutaz), p. 791.

(2) Cfr. CANDIDO BONA I.M.C., Le «Amicizie», Società segrete e rinascita religiosa (1770-1830), Deputazione subalpina di storia patria, Torino 1962.

(3) Notizia dell’Associazione dell’Amicizia Cattolica, in Positio, cit., pp. 233-237, ora in appendice a PIO BRUNONE LANTERI, Direttorio e altri scritti, Edizioni Cantagalli, Siena 1975, p. 172.

(4) Ibid, p. 173.

(5) Cfr. TOMMASO PIATTI O.M.V., Un precursore dell’Azione cattolica, il servo di Dio Pio Brunone Lanteri, fondatore degli Oblati di M.V., Marietti, Torino 1954, p. 131.

(6) JOSEPH DE MAISTRE, Correspondance, vol. VI, in Ouvres complètes, t. XIV, Vitte et Perrussel, Lione 1886, p. 116.

(7) LEONE XII, Breve Etsi Dei Filius, in Direttorio, Costituzioni e Norme direttive del Venerabile P. Lanteri, Tipografia Editrice G. Alzani, Pinerolo 1972, pp. 15-16.

(8) Sul carattere «ignaziano» di Lanteri cfr. tra l’altro LÉON CRISTIANI, Un prêtre redouté de Napoléon, P. Bruno Lanteri (1759-1830), Procure des Oblats de la Vierge Marie, Nice 1957, pp. 135 ss.

(9) Sull’importanza dell’opera svolta da Lanteri nell’introduzione della morale di S. Alfonso, cfr. JEAN GUERBER, Le ralliement du clergé française à la morale liquorienne, l’Abbé Gousset et ses précurseurs (1785-1832) Dissertatio ad lauream in Pont. Univ. Gregoriana, Roma 1973.

(10) PIETRO GASTALDI, Della vita del servo di Dio Pio Brunone Lanteri, fondatore della Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, Marietti, Torino 1870, p. 406.

(11) Carteggio, cit., vol. IV, p. 356.

(12) Carteggio, III, 259-60.

(13) Ibidem.

(14) Carteggio, IV, 54.

(15) Per avere un’idea dell’influenza di de Maistre è sufficiente scorrere i Verbali della adunanze dell’Amicizia Cattolica, pubblicati da Bona, op. cit., pp. 568-605.

(16) I Verbali, cit., registrano tra l’altro, in data 25 ott. 1821: «la lettura di una lettera scritta anni sono all’abate Barruel fa conoscere circostanze importanti sulle influenze degli ebrei nelle vicende dei nostri giorni» (BONA, op. cit., p. 581). Si troverà il testo integrale della lettera in HENRI DELASSUS, Il problema dell’ora presente, tr. it., Desclée e C., Roma 1907, vol. I, pp. 632-638.

(17) Carteggio, IV, 350.

(18) Carteggio, II, 367.

(19) Carteggio, III, 51.

(20) Carteggio, III, 244.

(21) Carteggio, III, 51.

(22) Carteggio, II, 368.

(23) Carteggio, II, 365.

(24) Ibidem.

(25) Ibidem.

(26) Ibidem.

(27) Carteggio, IV, 52-53.

(28) SAN PIO X, Enciclica Pascendi, dell’8-9-1907, in ASS, vol. XL, p. 632.

(29) PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19-3-1937, in AAS, vol. XXIX, p. 76.

(30) PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cristianità, Piacenza 1977, 3ª ed., p. 183.

(31) Frammento autografo di Lanteri sul recto d’una minuta a mons. Giovanni Marchetti del 6 luglio 1826, cit. nella introduzione del Calliari al Carteggio, vol. I, p. 183.

Fonte:

alleanzacattolica.org/il-ven-pio-brun…
Diodoro
"...non può adottarsi veruna Costituzione senza che si adotti espressamente o implicitamente il principio della Sovranità del popolo, che è il principio favorito de’ protestanti, de’ filosofi, de’ Giansenisti i quali, come buoni seguaci ed amici di Richerio, Febronio, Van Espen, e simili Santi Padri di questi tempi, s’estendono fin sulla Chiesa» "