Mogadiscio, Missione Restore Hope, 1992-93 – La Somalia è in piena guerra civile. Le Nazioni Unite decidono l’intervento militare per ristabilire la pace. Vengono dispiegati 25.000 Caschi Blu. Gli Stati Uniti di Bill Clinton hanno il comando delle operazioni. L’Italia ha il secondo contingente per numero di uomini e sarà impegnato nella zona di Mogadiscio e Balad lungo la via Imperiale. È la prima volta che l’Italia ritorna nella sua ex colonia dopo la seconda guerra mondiale e l’AFIS, l’Amministrazione Fiduciaria durata dal 1950 al 1960. . “Io saputo che Italiani tornati. Riprendere servizio; combattere con voi, come un tempo ! "
” Questa la frase che una mattina il piantone di guardia all’ambasciata italiana si sente pronunciare. Davanti a lui un anziano somalo, circa 80 anni, in posizione di attenti, fascia Tricolore a vita e Moschetto 91/38 lungo il fianco. È l’ascari Scirè: un soldato che aveva giurato fedeltà all’Italia, al Re ed al Duce. Era pronto a riprendere servizio: il Tricolore sventolava di nuovo a Mogadiscio (sul tetto dell’ambasciata) e un giuramento non si infrange. .
La catena di comando si attiva fino a raggiungere il Generale Loi, comandante del contingente militare italiano. All’ascari Scirè viene consegnata un’uniforme, i gradi di caporalmaggiore e brevettato – ad honorem – paracadutista e incursore.
Dotato di un elmetto antisommossa dei Carabinieri, con il suo Moschetto 91, perfettamente oliato e ancora funzionante, rimase in Ambasciata a fare la guardia per tutta la durata della missione, vivendo in una baracca nel cortile dell’ambasciata. Subito “adottato” dagli italiani tutte le mattine si presentava per l’ispezione al Generale Loi, facendo ruotare il suo fucile. Nelle cerimonie ufficiali, alla presenza di autorità, scandiva sempre perfettamente “Viva il Duce, viva il Re, viva l’Italia” nonostante gli fosse stato spiegato che la situazione in Italia era mutata.