Mons. Pavol Hnilica e la Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria

Il 20 marzo 1984 monsignor Pavol Hnilica era in India, in visita ad una delle sue sante amicizie: Madre Teresa di Calcutta, che conosceva dagli anni ’60 e che aveva aiutato anche ad aprire una comunità di suore nella Città del Vaticano. Proprio in quel giorno ricevette la notizia che il Santo Padre aveva invitato tutti i vescovi del mondo a unirsi il 25 marzo alla consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato di Maria: monsignor Hnilica dovette sobbalzare sulla sedia, nel venire a conoscere che finalmente la richiesta della Madonna avrebbe potuto essere esaudita, segnando così la fine del comunismo nel mondo. Nella lettera da Roma era contenuto anche il testo da recitare, nel quale purtroppo il Vescovo slovacco dovette notare l’assenza della menzione diretta della Russia, secondo la richiesta della Vergine. Parlando con la Santa albanese però, il Prelato condivise con lei la riflessione che se almeno un vescovo avesse recitato tale formula a Mosca in qualche modo anche la Russia sarebbe stata inclusa in tale consacrazione, realizzando così – in un certo modo – la richiesta dell’Immacolata. «Peccato che non ci sarà nessuno il 25 marzo a Mosca – sospirò il Vescovo –.

Il 25 non ci sarà nessuno a consacrare la Russia». La risposta di Madre Teresa però lo spiazzò: «Ci vada lei! Tenga, prenda il mio rosario. Pregherò per lei». «Ma come... – replicò il Vescovo – è impossibile varcare la frontiera!». Ma la perentoria conclusione della Santa non tardò: «È la Madonna che le aprirà le porte della Russia!». Armato della sola fede in Dio e del rosario della Santa, Pavol Hnilica con alcuni suoi collaboratori – tra cui un monsignore stracarico di medaglie miracolose consegnategli da Madre Teresa – si recò quindi a domandare un visto turistico per la Russia, ottenendolo prodigiosamente. Alla frontiera però il doganiere li fermò, riconoscendo che erano preti cattolici: sciorinando un vocabolario di bestemmie in russo, il doganiere segnalò che in alcun modo avrebbero potuto passare senza un permesso da Mosca. Mentre il Vescovo recitava un Rosario dopo l’altro con la corona di Madre Teresa, il doganiere si affaccendava nel cercare di chiamare con il telefono i suoi superiori a Mosca ma la temperatura gelida (-15°C) aveva messo fuori uso l’apparecchio. Dopo diverse ore di attesa e molti Rosari sgranati, ecco che il doganiere, sfinito, diede il suo lasciapassare: «Ecco entrate... andatevene al diavolo, non voglio più vedervi!».

Consacrare la Russia al Cremlino

Esperto di travestimenti e di scambio di identità, monsignor Hnilica escogitò il piano per poter consacrare la Russia dal suo centro ideologico e spirituale, il Cremlino di Mosca e in particolare le ex-cattedrali ortodosse: con un visto turistico si sarebbe unito a un gruppo di diplomatici stranieri di sua conoscenza, per staccarsi al momento opportuno, effettuare la consacrazione e, addirittura, celebrare una Santa Messa. Così, del tutto privo di segni di riconoscimento religioso, e con il testo della consacrazione nascosto nelle pagine centrali della Pravda, poté entrare nelle cattedrali di San Michele Arcangelo e della Dormizione, proprio al centro del Cremlino. Davanti all’altare maggiore di San Michele, seduto su una panca come per leggere la Pravda, si raccolse in preghiera silenziosa, pensando a tutti i martiri del comunismo, alla fede del popolo russo, alle promesse della Madonna di Fatima. Poi in unione con il Santo Padre e tutti i vescovi del mondo consacrò quella terra e quel popolo al Cuore Immacolato di Maria, perché presto finisse la terribile dittatura comunista che come un gigante stanco si trascinava su quella terra da ormai sette decenni. Nel frattempo il suo collaboratore – mons. Leo Maasburg – spargeva medaglie miracolose per tutta l’ex-cattedrale, sudando freddo per la paura di essere scoperto dalle guardie e dai custodi. Eccoli poi recarsi nella cattedrale della Dormizione e ripetere la consacrazione, ma questa volta – per una forte ispirazione interiore – monsignor Hnilica pronunciò espressamente il nome della Russia.

Una Messa insolita ma valida

Il Vescovo slovacco però fece ben di più. Appoggiandosi al trono imperiale si poté coprire dalla vista dei custodi e con un metodo imparato in carcere dai suoi confratelli sacerdoti iniziò la celebrazione della Santa Messa, «in un modo insolito ma valido», come disse lui stesso. Nella sua borsa a tracolla teneva una bottiglietta di vino con due gocce di acqua – spacciate per una medicina ai sorveglianti – e una piccola teca di argento con due ostie: grazie a queste poté celebrare in piedi, in maniera calma e orante, la Santa Messa, la prima dopo settanta anni in quel luogo. All’Offertorio rinnovò la consacrazione della Russia e del suo popolo mentre alla Comunione ricordò particolarmente la sua professione religiosa, rinnovando il dono di sé in favore della Chiesa. Un momento di spiritualità altissima, pari solo a quelle delle due ordinazioni clandestine, che lo stesso Hnilica ricordò così: «Mi è difficile descrivere quello che ho provato allora nel mio intimo e dire se mi ha commosso di più la mia prima Santa Messa o questa. Ancora, con insistenza, supplicai il Signore, la Madre di Dio ed il Cielo tutto di porre fine alla rivolta atea in questo grande paese, nel quale tanti popoli sono stati ridotti alla schiavitù spirituale ed intellettuale».

Uscito fuori la sua anima era ancora così accesa da non poter pronunciare alcuna parola ai compagni: nessuna fatica, nessuna sofferenza, nessuna missione e nessun pericolo della sua ricchissima vita avevano l’importanza e il significato di ciò che aveva appena fatto, compiendo la richiesta della Madonna a Fatima. Ormai la Russia non era più nelle sue mani – di lui che era stato fatto “vescovo da Berlino a Pechino” – ma nelle mani, anzi nel Cuore Immacolato, della Santissima Madre di Dio. Sulla piazza del Cremlino dovette fermarsi un poco a contemplare quell’impero ateo che di lì a poco – parola della Madonna – sarebbe crollato: mentre attraversava la città in tram il suo cuore pieno di amore paterno continuava a consacrare ogni dettaglio di quell’amata Russia al Cuore Immacolato di Maria!

Epilogo romano

Quel piccolo e coraggioso gesto di monsignor Hnilica – nonostante i limiti di quella consacrazione voluta da Giovanni Paolo II – sfaldò le basi del comunismo, realizzando ciò per cui il Vescovo slovacco e il Papa avevano lottato tutta la vita: mettere in pratica le richieste della Madonna di Fatima e segnare la fine del comunismo, infernale piaga che aveva investito la terra e l’umanità. La prima picconata al Muro di Berlino – anzi al regime sovietico tutto intero – fu quella consacrazione operata al Cremlino, il cui effetto in termini spirituali e ideali fu quello di una bomba atomica. Qualche settimana dopo i fatti, monsignor Hnilica si recò in visita per una colazione con Giovanni Paolo II, allora in riposo a Castelgandolfo: quando il Prelato slovacco iniziò a raccontare all’amico pontefice in che maniera particolare avesse accettato l’invito del Papa a tutti i vescovi del mondo, la colazione incominciò a prolungarsi fino a durare tre ore. San Giovanni Paolo II, profondamente affascinato e commosso dall’impresa dell’amico vescovo, alla fine non poté altro che rallegrarsi con quello strenuo avversario del comunismo: «Certo che la Madonna ti ha proprio accompagnato per mano». Ma quel combattente con il cuore pieno di devozione infantile per la Santissima Madre di Dio non poté che rispondere con sincerità: «No, Santità. Non mi ha accompagnato per mano ma mi ha portato in braccio!».

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Livia Maria Cesaretti
Signore Gesù, lode onore e gloria a Te!