Il Diluvio universale, il più grande cataclisma della storia dell'umanità, quale significato?

DON DOLINDO RUOTOLO COMMENTA IL DILUVIO UNIVERSALE

Noi ci stupiamo che Dio abbia colpito l’umanità con un flagello così tremendo, perché non valutiamo l’orrore del peccato. Eppure se potessimo vedere quello che era il mondo inondato dalla colpa, assisteremmo ad uno spettacolo ben più terrificante, ad un diluvio ben più spaventoso! L’uomo inondò la terra di orrori, e prima delle acque del diluvio, prevalsero le limacciose acque dell’impurità e del reale, di fronte alle quali le acque del diluvio erano placida onda purificatrice. Se potessimo rendere in uno spettacolo sensibile lo stato degli uomini prima del diluvio, noi vedremmo una caligine tetra levarsi dalla terra, uno scoppio di forze immani, dissolute nel fuoco dell’impurità, uno sconvolgimento pauroso di tutte le energie naturali, un dilagare terrificante di spiriti maligni in tutta la terra. Vedremmo un tenebrio di morte, innanzi al quale la morte naturale ci sembrerebbe ben poca cosa; vedremmo tempeste spaventose di passioni, innanzi alle quali la tempesta del diluvio ci apparirebbe come la placida discesa della rugiada.

Se scoppia un incendio ed i pompieri accorrono, inondando di acqua la fornace ardente che minaccia una rovina più grande, dirai tu che quella scarica di acqua è una crudeltà? Tu anzi dirai che è una salvezza, ed applaudirai all’acqua scrosciante che abbatte sotto la sua potenza il fuoco divoratore. Se la pestilenza ha invaso una città, e le strade sono disseminate di cadaveri purulenti, atti solo a far dilagare di più il flagello, ti sembrerà crudele la mano che devia il corso di un fiume e fa trascinare dalla corrente quegli avanzi putrefatti, che nessuna mano può toccare senza contrarne la pestilenza? Dio mandò il diluvio per spegnere un incendio morale più spaventoso di uno materiale, per spazzare via una infezione pestilenziale più mortale di qualunque pestilenza.

A che cosa serviva più sulla terra una vita tutta intenta al male, e quindi sommamente infelice? Se noi potessimo valutare l’angustia che opprimeva gli uomini d’allora, immersi nel peccato e sconvolti dalle passioni, intenderemmo che per essi era preferibile la morte. Dio, nella sua misericordia, mandò loro una morte espiatrice che mutò la terra in un altare di sacrificio, e che salvò moltissime di quelle anime che altrimenti sarebbero perite.

All’occhio umano lo spettacolo del diluvio era solo terrificante, ma innanzi a Dio, proprio allora, la terra dava i suoi fiori, fecondati da un flagello espiatore che figurava il futuro diluvio delle grazie della redenzione, e che per questo stesso diventava un flagello salutare. Sicuro! Quell’acqua che spazzava via il peccato dalla terra nel supremo dolore della morte, figurava la morte dell’Umanità del Redentore che donava le acque tranquille della purificazione e del perdono. Quegli uomini carnali, sommersi dalle onde, figuravano le passioni sommerse dalla grazia nelle acque del Battesimo; la morte di ciò che era carnale figurava la morte dell’uomo vecchio, e l’arca che galleggiava con l’uomo giusto e con gli animali, figurava l’innocenza salvata nell’acqua Battesimale, e le passioni elevate dalla grazia a potenze della vita spirituale ed a fattori del merito. La luce divina del Verbo Incarnato si rifletteva dunque su quei gorghi paurosamente oscuri, li mutava in espiazione ed in salvezza, e dalle profondità degli abissi si sollevavano come colombe le anime salvate dal flagello.

Quello che diciamo non è una pia supposizione, è una verità affermata esplicitamente da san Pietro nella sua prima lettera (3, 18-21). Il santo apostolo dice che Gesù Cristo morì per i nostri peccati, Egli, giusto per gli ingiusti, a fine di offrire noi a Dio e che dopo la sua morte andò con la sua anima nel Limbo, “a predicare a quegli spiriti che erano in carcere, i quali erano stati una volta increduli, allorché la pazienza di Dio stava aspettando nei giorno di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale pochi, cioè otto anime, furono salvate sopra l’acqua. Alla qual cosa corrisponde il Battesimo... che adesso vi salva per mezzo della resurrezione di Gesù Cristo”. È una grandiosa rivelazione che ci fa intendere la bontà di Dio nel diluvio. Se Gesù Cristo andò a predicare nel Limbo a quelli che ai tempi di Noè erano increduli e perirono nel corpo, è evidente che moltissimi, se non tutti, si salvarono nell’anima proprio per quel flagello. Solo otto persone si salvarono nel corpo, ed una moltitudine si salvò spiritualmente in quell’acqua che figurava il Battesimo. Chi può dire più, dopo questo, che Dio sia stato crudele in quel flagello, se Egli sommerse nelle acque le sue creature, rese tutte carne, per mutarle in colombe spirituali e per riporle nel Limbo, nell’attesa della rivelazione della gloria?

Quanto è grande la tua misericordia, o Signore, quanto è delicata nel celarsi maternamente sotto apparenze così terribili! Chi avrebbe mai supposto che tra l’inondare delle acque e lo scoppio delle folgori passasse il tuo amore, per dare a quelli che morivano un bacio di perdono e per abbracciarli nella tua carità? E Tu non smettevi il tuo aspetto severo, per ispirare a noi l’orrore per la colpa che ci toglie la pace; Tu celavi la misericordia nei bagliori tremendi della giustizia, perché è più dolce per noi amarti, anziché peccare ed essere perdonati nelle angustie dell’espiazione. Tu non eri il giudice, eri il Padre, anzi eri la Mamma di quelli che perivano; Tu ti svelavi nel terrore, ma eri placida fiamma d’infinito amore come quando ti svelasti sul Sinai.

Tu sei sempre infinita bontà anche quando ci castighi, poiché allora Tu supplisci in un momento tutto quello che la nostra miseria è stata incapace di conquistare amandoti. Chi può osare offenderti quando ti mostri così buono? L’ho capito, Tu fosti colpito da intimo dolore di cuore quando dicesti di voler distruggere l’uomo dalla terra, perché non ci hai chiamati a conquistare la gloria nelle angustie, ma nel paradiso del piacere, che sei Tu stesso, dolcissimo amore dell’anima nostra. L’ho capito, il tuo dolore era uno scoppio di amore materno, costretto a salvare l’anima inabissando la vita del corpo nella morte. L’ho capito, travolgesti nella rovina anche gli animali per rendere completo l’olocausto liberatore. L’acqua fu la libagione di questo immenso altare, la fiamma del tuo amore ne fu il fuoco, e le vittime ascesero tranquille, come profumi di offerta, nella luce della tua redenzione, fra i canti silenziosi degli angeli osannanti e stupefatti della tua misericordia.