Cattolicesimo e protestantesimo nei riti stessi: l’Offertorio nella Santa Messa

La santa Messa viene offerta a Dio come è e come è stato rivelato dal Verbo Incarnato: Iddio Padre, la Santissima Trinità. Gli innovatori invece sopprimono riferimenti a Dio Padre e alla Santissima Trinità e Lo sostituiscono col ‘Dio dell’Universo’.

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Procediamo con l’esame della teologia del Rito antico e nuovo, come è presente nei riti stessi. Poiché il nostro scopo al riguardo è di palesare il carattere protestante del Nuovo rito, presenteremo il materiale di rilevanza dapprima nel Rito antico, poi nel rito riformato protestante ed infine nel Nuovo rito.
Cominciamo considerando due parti della Messa, per passare poi a varie sue caratteristiche generali. Per quanto concerne il rito riformato protestante ed il Nuovo rito, possiamo dire con Michael Davies (p. 285, citando il commento di padre Francis Clark SJ sul rito di Cranmer) che «non fu ciò che venne espresso, bensì ciò che fu soppresso, che diede significato al tutto».
Infatti, ciò che fu soppresso fu quasi tutto ciò che fa parte della vera essenza della Messa ovvero la sua natura sacrificale. E’ quindi in questa prospettiva che raffrontiamo la teologia dei due riti nei sottoparagrafi successivi: §1 sull’offertorio, concerne l’anticipazione del sacrificio; §2 sul canone, concerne il rendere presente il sacrificio; §3 sulla Presenza reale, concerne il suo oggetto, cioè Gesù Cristo stesso; §4 sul sacerdozio sacrificale, concerne il ministro che ha ricevuto il potere di fare il sacrificio; §5 sui fini della Messa, concerne le finalità del sacrificio; §6 sul latino, concerne la lingua che ci è adatta; §7 sull’orientamento del celebrante, concerne l’appropriato orientamento; §8 sull’altare e tavola concerne l’altare del sacrificio; e §9 sull’intelligibilità e partecipazione, concerne il loro oggetto principale, cioè il sacrificio stesso.
Le due parti della Messa che esaminiamo sono «le due particolari bestie nere protestanti» (MD p. 9), cioè l’offertorio ed il canone romano.
L’Offertorio
L’offertorio è l’oblazione del pane e del vino in un modo “intrinsecamente ordinato” all’oblazione del Corpo e Sangue di Cristo nella consacrazione. Come scrive Alan Clark (MD p. 312): «La Messa, liturgicamente parlando, è un unico atto di oblazione esteso del sacrificio di Cristo da parte della Chiesa», un atto di oblazione che è “anticipato” prima della consacrazione e “posticipato” dopo di essa[1]. L’anticipazione della consacrazione è comune a numerose liturgie antiche, per esempio quelle ambrosiana, gotica, mozarabica ad ovest, la divina liturgia di san Giacomo e quella della Chiesa armena ad est. La liturgia di san Giacomo contiene la preghiera: «[…] il Re dei Re e Signore dei Signori, Cristo nostro Dio si fa avanti per essere sacrificato». E nella liturgia armena: «[…] accogliamo il Re del cielo e della terra che legioni di angeli invisibili scortano».
Nel Rito romano antico, il celebrante offre il pane azzimo a Dio con queste parole: «Accettate, Padre santo, Onnipotente Eterno Iddio, questa immacolata ostia, che io, indegno servo Vostro, offro a Voi, Dio mio vivo e vero, per gli innumerevoli peccati, offese e negligenze mie, e per tutti i presenti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti, affinché a me ed a loro torni salvezza per la vita eterna. Amen». P. Pius Parsch fa notare come (MD p. 316): «Questa preghiera, così ricca in dottrina, possa servire come base per un intero trattato sulla Messa».
La preghiera dell’oblazione del vino e la supplica della Santa Trinità dopo le oblazioni individuali del pane e del vino sono paragonabili per la loro profondità e tono sacrificale.
Dal punto di vista protestante, l’offertorio è inaccettabile a causa del suo carattere sacrificale. Martin Lutero fa riferimento a «tutto quell’abominio chiamato offertorio e da questo punto quasi ogni cosa puzza di oblazione»[2]. Thomas Cranmer sopprime tutte le preghiere dell’offertorio.
Il Consilium, che era l’organo responsabile per la stesura del Novus ordo, segue i protestanti in vista del «dialogo ecumenico dell’Eucaristia»[3]. Sopprime tutte le preghiere dell’offertorio eccetto per frammenti «che possono essere interpretati in riferimento all’auto-oblazione dei fedeli simboleggiati dal pane e dal vino» (MD p. 324). Sopprime gli sguardi del celebrante sul Crocifisso prima di recitare le preghiere di offerta; stabilisce che la particola venga messa su un piattino (in forma di un piatto) – che conviene alla preparazione di una Cena, e non sul corporale -, che conviene ad un sacrificio; ed elimina il gesto di offerta degli oblata[4].
Il Consilium sostitusce la preghiera dell’offerta del pane con la seguente preghiera: «Benedetto sei Tu, Signore Dio dell’Universo. Dalla Tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Lo presentiamo a Te perché diventi per noi cibo di vita eterna». Sostituisce l’offerta del vino con una preghiera simile[5]. Nelle Messe solenni queste preghiere sono normalmente accompagnate da una processione del popolo[6].
Ciò che è accaduto è che l’oblazione della Vittima divina a Dio Padre da parte della Chiesa è stata sostituita dall’offerta di pane e vino a un Dio non specificato[7], da parte del Suo popolo. In effetti, quindi, l’offertorio nel suo autentico significato non esiste più.
Ciò che ha sostituto l’offertorio è problematico, per di più, non solo dal punto di vista liturgico ma anche teologico, poiché, come spiega padre des Lauriers nel suo articolo sull’offertorio, dopo il Peccato Originale Dio non gradisce alcun sacrificio offerto dall’uomo se non passa attraverso il sacrificio del Calvario. L’offerta in questione, però, viene presentata come un dono dall’uomo a Dio, uomo che sarà ricambiato da Dio col dono di Nostro Signore Gesù Cristo Immolato. In altre parole il senso dell’offerta viene definito secondo la sua distinzione dal sacrificio del Calvario[8].
Lutero, naturalmente, rimpiazza l’idea del sacrificio con quella di una Cena, come scrive nel suo commentario: «“Mangiate e bevete”: Questo è il solo compito che ci viene detto di fare nell’Eucaristia».[9] In modo simile, nelle preghiere del Nuovo rito, preghiere che hanno sostituito quelle dell’offertorio precedente, l’idea del sacrificio non è soltanto stata soppressa, ma è stata rimpiazzata con l’idea di una Cena, perché il fine delle nuove preghiere è che il pane e il vino diventino “il pane della vita” e “la nostra bevanda spirituale”.
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[1] cfr. l’articolo di Padre Guérard des Lauriers: L’Offertoire de la Messe et le Nouvel Ordo Missae.
[2] «Et abhinc omnia fere sonant ac olent oblationem» Formula Missae et Communionis (1523) WA 12, 211, 14-22)
[3] Don Luca Brandolini, Aspetti Pastorali p. 394 ( WHH p.281). Don Brandolini presenta due altri motivi per questo cambiamento, ossia: 1) per evitare «notevoli difficoltà sul piano dottrinale»; e 2) per tornare all’«autentico e originario significato di “preparazione dei doni”» Questi due motivazioni, però, sono prive di fondamento. La prima concerne l’anticipazione del sacrificio, di cui abbiamo già parlato. Qua bisogna rispondere che non si può parlare di “difficoltà dottrinali” in rapporto ad un tratto comune a numerose liturgie antiche: anzi, la liturgia è un locus theologicus ossia una fonte della teologia. Quanto alla seconda motivazione, don Brandolini si riferisce alla teoria espressa dal Consilium nei termini seguenti: «La storia ci insegna che il rito dell’offertorio è un’azione preparatoria per il sacrificio in cui il sacerdote ed i ministri ricevono i doni offerti dal popolo. Questo significato preparatorio è sempre stato la nota identificante dell’offertorio, anche se i formulari non lo mettevano abbastanza in valore ed utilizzavano linguaggio sacrificale» (Risposta 25, Documentorum Explicatio, Notitiae 6 (1970), p. 37, WHH p.279). Se i formulari non manifestano questo significato preparatorio, però, quale ne è l’evidenza? Alan Clark, che aveva scritto una tesi di dottorato sulla storia del rito dell’offertorio, constata: «Descrivere l’offertorio in termini di un’azione di laici è privo di fondamento storico” (The Offertory Rite: A Recent Study, Ephemerides Liturgicae 67, 1953, p. 242).
[4] Don Brandolini specifica (Aspetti Pastorali p. 394; WHH p. 289) che il piattino venga elevato: «in modo che non appaia, neppure dal gesto, che si tratta di una offerta, ma di una presentazione soltanto».
[5] Da dove vengono queste nuove preghiere? Don Carlo Braga spiega che non c’erano preghiere dell’offertorio che non anticipassero l’oblazione sacrificale nella tradizione occidentale: dunque le nuove preghiere dovettero essere inventate: “necessario proinde fuit formulas ex novo conficere”. (In Novum Ordinem Missae p. 378). Le nuove preghiere derivano in effetti da preghiere giudaiche di ringraziamento a tavola o al tempo della raccolta e rappresentano dunque non solo un impoverimento, bensì anche una falsificazione della santa Messa: “Darin liegt nicht nur eine Verarmung, sondern eine Verfaelschung” (Don Georg May p.17 op.cit.). A queste preghiere giudaiche viene aggiunta, secondo il desiderio di papa Paolo VI, la frase “opera delle mani degli uomini”, che deriva dagli scritti di padre Teilhard de Chardin (WHH p.287-8). Questa frase, tra l’altro, oscura la dottrina della Transustanziazione: cosa viene consacrato? Non solo il pane e il vino, ma anche l’opera? La confusione è già presente nel Concilio Vaticano II in queste affermazioni: “il Mistero pasquale eleva e perfeziona l’attività umana” e “elementi naturali coltivati dall’uomo vengono trasmutati nel Corpo e Sangue glorioso di Cristo…” Gaudium et Spes 38. Secondo il parere di ‘Canonicus’ nella sua luminosa Sinossi degli errori imputati al Vaticano II (Ichthys 2012, 6.4-6.5), questa insinui l’idea che i laici partecipino alla consacrazione.
[6] Alan Clark spiega che l’evidenza per una tale processione laica è sparsa ed il Consilium ammette che non corrisponde veramente alla pratica antica (WHH p.283). Quale sarebbe dunque la sua motivazione? Coinvolgere di più i laici? Favorire il concetto che siano loro che offrono i doni o che celebrino la Messa?
[7] La santa Messa viene offerta a Dio come è e come è stato rivelato dal Verbo Incarnato: Iddio Padre, la Santissima Trinità. Gli innovatori invece sopprimono riferimenti a Dio Padre e alla Santissima Trinità e Lo sostituiscono col‘Dio dell’Universo’, qua e nel Sanctus. Questo non è più Iddio della fede, bensì nel migliore dei casi Iddio della ragione e nel peggiore dei casi qualsiasi deità teista o panteista compatibile colle divagazioni eretiche di padre Teilhard de Chardin o colla teoria dell’‘uomo sublimato’ (vedi: L’Offertoire de la Messe et le Nouvel Ordo missae, padre Guérard des Lauriers).
[8] Il biblista padre Ceslaus Spicq caratterizza l’offerta di oggetti materiali invece di Cristo come una bestemmia (WHH p.286). Teologicamente l’unica offerta che possiamo fare a Dio in cambio di Nostro Signore Gesù Cristo è Nostro Signore Stesso. Difatti nel Rito antico questa offerta viene fatta colla preghiera prima della consumazione del Preziosissimo Sangue. Osserviamo che anche questa preghiera fu eliminata dai novatori.
[9] ‘Comedite et bibite’. Hoc est universum opus, quod in Eucaristia facere jubemur (De Abroganda missa privata Martini Lutheri sententia (1521) WA 8,439,34-40. Citiamo di nuovo il canone 1 da sessione 22 del Concilio di Trento a riguardo: “se qualcuno dirà… che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, Sia Anatema’.

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Istruzione Cattolica
@Francesco I lei ha ragione; questo è un copia incolla di un articolo, provvederò a correggerlo. Grazie.
Francesco I
@Istruzione Cattolica Vi prego non chiamatelo "rito antico" ma "rito cattolico"
Come profetizzava la Beata monaca agostiniana Anna Caterina Emmerick la messa del "novus ordo" è una messa "protestantizzata"
Anna Katharina Emmerick: “Vidi anche il rapporto tra i due papi"
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