Ascoltiamo questo sacerdote, ha ragione!

Non si evita l’errore cadendo in un altro errore. Oltre che da dottrine spirituali solo apparentemente conformi all’ortodossia cattolica, bisogna stare in guardia anche da atteggiamenti tradizionalistici che inducano a separarsi dalla Chiesa, col cuore o con i fatti. In entrambi i casi l’opinione personale e il giudizio privato assurgono a istanze supreme di discernimento che sputano sentenze inappellabili. Diverso è il caso della coscienza retta e ben formata che si pone domande su ciò che osserva e, nella quiete della preghiera, riceve risposte illuminanti, che mirano però a pacificarla interiormente, non a costituirla in un’autorità che non le spetta. Non si comprende perché mai certe persone avvertano un bisogno incoercibile di istituire nella propria testa tribunali speciali incaricati – non si sa da chi – di scovare ovunque eresie e di condannare in modo definitivo chiunque non rientri perfettamente nella loro versione della verità rivelata…
Quei signori, naturalmente, sostengono di difendere non un particolare sistema di pensiero, bensì la dottrina tradizionale tout court. Il fatto è che, dovendo poi fissare un’epoca o una data entro la quale l’insegnamento ecclesiastico sia stato assolutamente sicuro in quanto esente da qualsiasi magagna, essi assumono posizioni tutt’altro che unanimi. Per i più moderati bisognerebbe rifarsi al pontificato di Pio XII; per altri a quello di san Pio X; per i più garantisti, a quello del beato Pio IX… Chi però rimprovera a quest’ultimo di esser stato inizialmente favorevole ai liberali, per stare tranquillo, si arresta a Gregorio XVI. A forza di andare a ritroso, si dovrebbe dubitare anche di san Pietro, che si fece rimbrottare da san Paolo a causa del comportamento tenuto con i cristiani di origine pagana… Ma come mai la Divina Provvidenza, nello scegliere i sommi pontefici, non ha consultato prima questi luminari della storia ecclesiastica, così da evitare le brutte figure e non costringere poi i buoni cattolici a questo faticoso discernimento?
Anche questa, in fondo, è un’anticamera del cattolicesimo à la carte risultante dall’indifferentismo; gli estremi si toccano. L’accanimento critico dei puri e duri, infatti, non si limita a stigmatizzare i papi conciliari, ma sovente passa al setaccio pure quelli del passato, con il gusto malsano di trovare la minima pecca per poi esibirla orgogliosamente come un trofeo di caccia. Ovviamente non intendo affermare che il Papa sia infallibile in tutto, compresi gli atti di governo e le scelte politiche, né che tutto sia sempre andato nel migliore dei modi possibili, specie negli ultimi cinquant’anni. Vorrei soltanto ricordare che il giudizio definitivo sulle persone spetta a Dio. Riguardo agli insegnamenti, dobbiamo sicuramente guardarci da quelli dubbi e attenerci al Magistero perenne, evitando però con cura di arrecare danno alla Chiesa con un’azione ispirata sì da buoni propositi, ma non altrettanto prudente e, in ogni caso, non legittimata dalla posizione occupata all’interno del Corpo Mistico. La fedeltà alle verità della fede si misura anche sui comportamenti, non sulle sole parole.
Una persistente detrazione nei confronti della gerarchia ecclesiastica scredita la Sposa di Cristo agli occhi del mondo, cooperando così alle trame dei suoi nemici. In tal modo può succedere che una propaganda ipercattolica finisca con l’avere un effetto anticattolico, specie a detrimento delle anime semplici, sprovviste delle conoscenze e degli strumenti intellettuali necessari per esercitare il senso critico su ciò che sentono e leggono. Se è certamente doveroso metterle in guardia dalle deviazioni dottrinali, non è indispensabile farlo squalificando sistematicamente la gerarchia, perché ciò mette in questione l’ordinamento divino della Chiesa e può quindi causare un danno peggiore. La cosa più urgente è ribadire l’insegnamento tradizionale mostrandone la perenne validità e turbando le coscienze il meno possibile, visto il livello di confusione già raggiunto, avendo come regola principe la carità e rimanendo ognuno al suo posto, secondo il grado di autorità che detiene.
Non ignoro che certe dichiarazioni del Magistero, anche prima dell’attuale pontificato, contengano affermazioni quanto meno problematiche, ma riconosco altresì di non essere in una posizione che mi autorizzi ad emettere sentenze in proposito, se non in foro interno. L’esercizio pubblico di tale critica, oltre ad essere di scandalo a molte persone sinceramente credenti, spinge inevitabilmente in vicoli ciechi sul piano dottrinale: o si è costretti ad acrobazie intellettuali per giustificare eventuali errori da parte di un papa, o bisogna ammettere le tesi sedevacantiste. Ognuno è libero, invece, di prendere le distanze, nella propria coscienza, da ciò che in modo evidente ripugna alla fede trasmessa. È pur vero che l’eresia richiede un’aperta opposizione, ma questa responsabilità ricade in primis sui successori degli Apostoli, i quali sono incaricati di vegliare ognuno sul gregge affidatogli. Caricare sulle spalle dei fedeli pesi che non tocca a loro portare, come se fossero abbandonati a sé stessi, li conduce al settarismo o alla disperazione.
Il pericolo non è solo quello di ribaltare la costituzione divina della Chiesa, invertendo di fatto – pur difendendolo in teoria – l’ordine stabilito dal Signore, ma anche quello di ridurre la considerazione dell’attuale crisi al piano puramente terreno, tentando di risolverla con mezzi naturali ed escludendo l’azione della Provvidenza. L’attacco portato alla Chiesa militante è talmente profondo e pervasivo che la soluzione eccede ampiamente le capacità umane e richiede un intervento divino. Ciò non sta a significare che dovremmo limitarci ad aspettarlo incrociando le braccia: la passività totale è tipica dello spiritualismo indolente e disincarnato, ma può parimenti rappresentare lo sbocco di un attivismo frenetico rimasto deluso o frustrato. Chi si accanisce nella lotta senza curare adeguatamente la propria vita spirituale, prima o poi, sente venir meno le forze della natura, mentre non si avvale in modo fruttuoso delle risorse della grazia. Chi prega poco o male è destinato a cedere, in un modo o nell’altro, alle insidie dell’avversario.
Può così accadere che uno, estenuato da sforzi prolungati e non ripagati da frutti evidenti, smetta di portare avanti l’impegno assunto, per quanto appaia insignificante, in modo fedele ed efficace, finendo coll’abbandonarsi alla corrente e lasciarsi riassorbire dal dominante modernismo oppure, all’opposto, col separarsi dalla società visibile della Chiesa mediante una disobbedienza aperta ai legittimi Pastori. Come già ho ricordato in passato, non è una questione meramente giuridica, ma altresì un problema spirituale, giacché si rischia di escludersi – sia pure non intenzionalmente, bensì con l’intento di conservare la fede – dalla circolazione di grazia del Corpo Mistico. Il bisogno risultante di giustificare la propria posizione irregolare spinge poi a una critica della gerarchia sempre più accanita e generalizzata, che giunge spesso ad essere ingiusta o esagerata e, in ogni caso, a demolire l’unità della Chiesa terrena, disperdendo i fedeli in mille rivoli e obbedienze, tanto più intransigenti quanto più illegittime e, di conseguenza, prive di autorità reale sulle persone.
Chi vive sotto lo sguardo di Dio sa bene di non potersi nascondere dietro lo stecchino di un sofisma canonico o di una sottigliezza speculativa, cose ben più affini al moderno razionalismo che non alla Tradizione genuina. Ovviamente non mi azzardo a giudicare le coscienze, ma mi limito a prendere atto dei risultati di certe scelte pratiche, che non sono condivisibili né a monte (nelle motivazioni), né a valle (negli effetti). Il cattolico non abbandona la barca di Pietro, nemmeno se ha l’impressione che faccia acqua da tutte le parti e stia per affondare, sapendo per fede che ciò è impossibile e, quindi, non avverrà mai. Egli persevera nel cammino intrapreso nonostante tutto, sicuro che il Salvatore non gli farà mancare in alcun momento l’aiuto sufficiente per non soccombere; altrimenti dimostra di non credere nel potere della grazia, ridotta a puro nome, né di esser disposto a perseguire la santità tendendo alla virtù eroica. Umiliazioni, fatiche e sofferenze non gli saran di certo risparmiate, ma si trasformeranno in pegno di gloria eterna e arma soprannaturale per il rinnovamento della Chiesa.
Nei fatti, paradossalmente, modernismo e tradizionalismo finiscono con il convergere negli stessi difetti: l’intellettualismo e il volontarismo. Chi, scoperto l’inganno modernista, si aggrappa al passato per non cadere nel vuoto, se non ha una robusta vita interiore rischia di sostituire semplicemente un’ideologia con un’altra, senza mai riscoprire l’autentica Tradizione dei Padri e dei Santi, bensì imprigionandosi in rigidi schemi semplificativi in cui incastrare tutta la realtà. Chi invece, per aver corrisposto alla grazia concessagli per mezzo di Maria, rimane inserito nella società visibile senza lacerarla ulteriormente, mantiene la mente aperta alla luce celeste e continua a ricevere puntualmente tutte le grazie attuali di cui ha bisogno, riversandole anche sugli altri. La ribellione, comunque sia targata, conserva la sua natura intrinsecamente cattiva, a prescindere dalle circostanze – a meno che non si voglia dar ragione alla morale della situazione, così affine, del resto, alla casuistica farisaica, che dissolve la legge divina e tanto successo riscontra in certi ambienti, anche qui molto più vicini a quelli modernisti di quanto non sembri…
Separandosi dalla Chiesa gerarchica, si restringe oltretutto il campo d’azione ad una minoranza che ha scelto di isolarsi a proprio esclusivo beneficio, noncurante della sorte di chi rimane fuori dell’eletta cerchia, giudicato responsabile della propria esclusione. Si produce così, a lungo andare, una sottile deformazione mentale che impedisce di riconoscere l’errore e di ripudiarlo prendendo al contempo le distanze dall’aggregazione in odore di setta cui si è data fiducia. Il sistema è ben felice che i dissidenti si rinchiudano da sé in piccoli ghetti frammentati e litigiosi (e per ciò stesso innocui), mentre sa addomesticare le organizzazioni più potenti con finanziamenti ebraici; esso teme invece coloro che rimangono dentro il Corpo con un pensiero non omologato. Certo, a volte è come stare immersi nel liquame di una piaga purulenta, ma la Provvidenza non manca mai di liberare i pii da prove divenute intollerabili e di metterli al riparo dagli empi, disponendo ogni cosa con mirabile tempestività e aprendo tra le maglie del regime varchi insospettabili.
Non commovebitur in aeternum, qui habitat in Ierusalem (Sal 124, 1-2).
Don Elia
Fonte:
lascuredielia.blogspot.com